Rimini. Separati e sul lastrico, sempre più padri in difficoltà

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Mariti separati che non riescono a pagare gli alimenti e provvedere ad una dignitosa qualità della vita per loro stessi. C’è stato il caso del libero professionista sanitario che una volta fuori dall’abitazione familiare ha dormito in auto per settimane per pagare i 600 di mantenimento, e poi il pensionato che nonostante la moglie gli abbia lasciato la casa di famiglia si vede costretto a venderla per passare 800 euro all’ex coniuge. Storie all’ordine del giorno perché come spiega l’avvocato Luca Caroni «ogni cinque secondi in Italia una coppia decide di separarsi. Una famiglia si divide. Ma mentre spesso l’attenzione si è concentrata sulla condizione femminile, sui diritti spettanti alle mogli, sulle tutele e l’attenzione nei confronti dei figli, i quali incolpevolmente subiscono e vengono travolti dalle decisioni dei genitori, assai poco si è parlato dei mariti, dei padri, e di ciò che accade loro quando il sogno di famiglia si infrange».

Non ha paura avvocato di essere tacciato di maschilismo nel sostenere i diritti dei padri separati?

«Non è una questione partigiana, non si tratta di scegliere lei o lui, si tratta di essere giusti e logici perché se una separazione funzioni e non danneggi ulteriormente i figli o anche solo l’equilibrio delle persone deve avere delle basi economiche possibili, non impossibili. So di fare un discorso magari fuori dalle solite rotte, se ne parla poco è vero, ma in realtà spesso sono questi mariti e padri a pagare maggiormente le conseguenze derivanti dalla fine del matrimonio. Con un matrimonio andato in pezzi, una nuova esistenza da inventare e a cui abituarsi e un equilibrio talvolta precario, bisogna fare i conti con il proprio budget, solitamente più che dimezzato quando, oltre all’assegno di mantenimento da versare ai figli, o addirittura anche alle ex mogli sussistono impegni economici presi in precedenza che non cessano con la rottura dell’unione coniugale. Significa che prima c’era un mutuo sulla casa quello va comunque rispettato e così tutti gli altri impegni. Le statistiche dimostrano che l’80% dei padri separati non riesce a vivere con ciò che resta del loro stipendio. Anche chi poteva contare su un buon tenore di vita durante la vita matrimoniale può ritrovarsi a dover stringere la cinghia, ad accettare compromessi, come ad esempio tornare a vivere in casa con i genitori o chiedere ospitalità a parenti o amici se non si ha la possibilità di prendere una casa tutta per sé».

Anche una donna che si separa ad un certo perde ciò che aveva prima, ci si separa in due, perché le ripercussioni sarebbero più pesanti per l’uomo?

«Un padre che si separa deve mettere in conto che sicuramente vedrà meno i propri figli: nel 90% dei casi infatti la collocazione materiale dei minori viene attribuita alle madri e, conseguentemente, viene loro assegnata quella che un tempo era definita l’abitazione familiare. Un papà quindi si trova nella triste condizione di dover trascorrere meno tempo con i figli e di dover preparare armi e bagagli e reperire un’altra abitazione. Inizia così una lunga lista di spese che l’uomo si troverà ad affrontare: il costo di un appartamento in affitto, un canone di locazione cui si aggiungono le spese di utenze ed accessori, talvolta il peso enorme di un mutuo».

Ma quindi secondo lei c’è una lacuna legislativa o è la prassi dei Tribunale ad essere un po’ anacronistica, visto anche l’indipendenza economica di molte donne?

«Nonostante la legge obblighi entrambi i genitori a provvedere al sostentamento economico dei figli nati da una unione non più in essere, la realtà dimostra che vi è un impoverimento della coppia e che più spesso l’ago della bilancia pende da una parte in particolare. Infatti, ritrovandosi genitore non collocatario il marito/padre verrà onerato del pagamento in favore della moglie di una somma a titolo di mantenimento dei figli minori: tali somme, che dovrebbero compensare le spese di vitto e alloggio mensili che si trova a dover sostenere il genitore collocatario, costituiscono una voce di spesa consistente, calcolata secondo le disponibilità economiche dell’onerato e in base allo stile di vita sostenuto dalla famiglia. È facile quindi comprendere che un uomo che si separa deve pur mettere in conto che ogni mese dovrà sostenere non meno di 600 euro a titolo di canone di locazione; non meno di 300 euro a titolo di mantenimento del figlio minore (somma che chiaramente lievita nel caso di più figli); una cifra non meglio quantificabile a titolo di spese straordinarie per i figli. Accade poi che spesso il marito/padre separato sia costretto a pagare una somma a titolo di mantenimento anche nei confronti della moglie. Ed è su questo aspetto che si concentra maggiormente la litigiosità. Infatti, i mariti/padri vengono onerati di pagare un mantenimento alla oramai ex moglie nonostante questa sia dotata di reddito proprio e di un lavoro autonomo. È evidente quindi che all’esito di una separazione le somme di cui spesso si trova onerato un uomo sono considerevoli ed in un’epoca in cui gli stipendi raggiungono un minimo storico, in cui il costo della vita ha subito un incremento considerevole, l’uomo facilmente possa andare in sofferenza economica».

Lei dice che di questo fenomeno si parla poco e non ha visto ed ottenuto risonanza o tutela ? Quale può essere la soluzione da proporre ad un giudice?

«La ricetta magica che serva a tutte le situazioni è ovvio che non esiste, perché ogni storia è a sé. Sicuramente il magistrato deve guardare la famiglia nel suo insieme, magari dove è possibile senza un aggravio di costi proporre l’alternanza dei due genitori nella casa di famiglia. C’è da promuovere maggiormente la mediazione familiare perché la rabbia e il rancore devono poter rimanere fuori dalla concretezza davanti alla quale la separazione di pone».

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