Crisi delle vocazioni, i frati minori lasciano il Santuario delle Grazie: 700 anni di storia in fumo. Sempre meno ragazzi abbracciano il saio mentre lievitano i costi di manutenzione per le antiche strutture. Una sproporzione che, seppur a malincuore, spinge i superiori degli ordini religiosi a difficili decisioni. L’ultima in ordine di tempo riguarda il convento di Covignano finora gestito da tre frati minori: due di 65 anni e uno di 85 che, come spiegano dal monastero, «saranno trasferiti in altre sedi disseminate nel nord Italia». Al loro posto verrà nominato dal vescovo Nicolò Anselmi un «sacerdote che gestirà da solo l’intero complesso e supplirà ai sacramenti». La chiusura del convento «non è ufficiale ma risponde a realtà», è il laconico commento che proviene dal santuario.
Sforzi vani
Alcuni fedeli avevano lanciato l’allarme, anche nei mesi scorsi, ma erano stati rassicurati dagli stessi frati, certi che non sarebbe successo nulla «prima di un anno o un anno e mezzo». La situazione è precipitata, invece, in un batter d’occhio. A nulla è valsa la campagna di sensibilizzazione lanciata sui social, all’arrivo dei primi rumor, al grido di “Salviamo le Grazie”. Ora dispiace a tanti che un simbolo identitario della città, non solo in termini religiosi, ma anche culturali vada perduto. Basti pensare al “Palio dell’Assunta”, la podistica di agosto dalla Madonna del Porto alle Grazie, che mette in marcia un migliaio di persone.
L’origine del culto
Il Santuario delle Grazie, con l’annesso Convento dei frati minori, affonda le sue radici addietro di sette secoli. Era il 1286 quando nel bosco di Covignano, un pastore di nome Rustido notò un tronco nodoso che gli ricordava sembianze umane. Lo intagliò con l’aiuto di due angeli ricavandone una stata in onore della Madonna che venne portata al porto e sistemata su una barca, che da sola prese il largo raggiungendo Venezia. Un miracolo che i riminesi celebrarono edificando una piccola cappella sostituita nel 1391 da una chiesa.