Rimini. Odissea in tribunale, resta 20 anni con la casa bloccata

Costretto ad aspettare venti anni per poter riavere la possibilità di mettere in vendita una casa. È l’incredibile vicenda giudiziaria in cui è rimasto invischiato un uomo che nel lontano 2003, all’età di 54 anni, in vista delle nozze della figlia, decide di disfarsi di un appartamento di 140 metri quadrati in una palazzina bifamiliare. Per sua sfortuna quell’immobile diventa l’oggetto di una mancata speculazione di un’improvvida signora. Fissato il prezzo di vendita in 270mila euro, venditore e acquirente si incontrano assieme ai rispettivi avvocati, e mettono nero su bianco, dettagliatamente, tutti i punti dell’affare. Tra i più importanti quello in cui veniva stabilito uno sconto di 10mila euro se il venditore avesse perso la causa civile in corso per la divisione della corte comune: il proprietario del secondo immobile, infatti, chiedeva il diritto di passaggio per accedere alla sua parte di giardino. Cristallizzata anche questa situazione, la signora aveva versato una caparra di 40mila euro e un acconto prezzo di 30mila. Il rogito, stabiliscono poi, si sarebbe fatto dopo la decisione del tribunale e comunque non oltre 60 giorni dalla sentenza. Che arriva. Il giudice concede il diritto di passaggio, quindi automaticamente la casa passa a 260mila euro. Passano i due mesi, però, e la signora non si fa sentire. Il venditore la ricontatta, lei si scusa dice d’aver avuto un problema e chiede altri due mesi. Ma anche questa volta non arriva la convocazione per andare a rogitare. L’avvocato Pasquale Delli Paoli, che segue il venditore, spedisce una raccomanda con ricevuta di ritorno come prevede la legge in cui dà l’aut aut: rogito entro 60 giorni o perderà i 70mila euro.

Colpo di scena

Allo scadere, senza esito, della nuova data, il venditore si è quindi ritenuto in diritto di poter vendere la casa ad altri acquirenti, operazione per la quale si rivolse a un’agenzia immobiliare. Scopre così che la stessa agenzia ha messo in vendita per conto della signora il suo appartamento alla cifra di 340mila euro. Partono le carte bollate. La donna lo cita in giudizio nel 2004 sostenendo che il mancato acquisto era da collegare alla querelle sul diritto di passaggio. Chiede quindi il rimborso di quanto anticipato, dicendosi però pronta a completare l’acquisito se le fosse stato concesso un nuovo termine. Cosa rifiutata dal proprietario.

Giustizia lumaca

Si arriva in Tribunale e nel 2010 la signora è condannata alla “perdita” dei 70mila euro anticipati e al pagamento di 15mila euro di spese legali. Consigliata su non ben chiare convinzioni dal proprio legale, ricorre in appello. Otto anni dopo Bologna ribadisce che ha torto; e che oltre agli anticipi deve pagare altri 22mila euro di spese legali. La signora però non si arrende. Cambia avvocato, presenta ricorso in Cassazione discusso lo scorso 3 maggio. Anche stavolta i giudici non le danno ragione e fissano in 19mila gli euro che dovrà versare per le spese legali. Confermata ovviamente anche la perdita dei 70mila euro.

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