Lei, cameriera, ha conosciuto il suo aguzzino mettendo in ordine le stanze del residence dove lui alloggiava con alcuni colleghi. Un’amicizia diventata qualcosa di più quando per 15 giorni è andata a trovarlo in ospedale dov’era stato ricoverato dopo un incidente. Nel momento della dimissione, visto che la sua azienda lo aveva lasciato a casa, le ha chiesto se poteva trasferirsi per un periodo da lei. È iniziata così la loro convivenza cui hanno messo drasticamente fine i carabinieri martedì scorso quando al 40enne, originario di San Giovanni Rotondo (Foggia), hanno notificato un’ordinanza cautelare firmata dal Gip Vinicio Cantarini su richiesta del Pm Luca Bertuzzi, che lo obbliga a stare a non meno di 300 metri dalla donna e gli vieta di contattarla con qualsiasi mezzo.
Il raptus
Lo scorso 23 luglio, infatti, la donna ha varcato i cancelli di una caserma dei carabinieri, per denunciare le aggressioni fisiche e verbali subite dall’uomo durante la convivenza iniziata il 15 giugno. Gelosia incontrollata mostrata solo dopo una manciata di giorni di vita in comune. La prima lite, racconta, l’avevano avuta dopo che uno sconosciuto le aveva fatto un sorriso mentre erano in coda all’ufficio postale. «Ciao A. Non rompere più perché io sono sposata e se mi dai ancora fastidio ti denuncio». Questo il testo del messaggio che dopo sette giorni di vita assieme l’aveva costretta a scrivere ad un vecchio amico. Poi le aveva sequestrato il cellulare sostituendolo col suo che doveva usare solo per chiamare lui. All’arrivo di telefonate da numeri sconosciuti, lui rispondeva che se lei lo avesse tradito si sarebbe ammazzato. Frasi dette con una tale convinzione, da convincerla ad assecondarlo temendo facesse gesti insulsi. Come quando mentre viaggiavano a 80 all’ora ha spalancato lo sportello costringendola a rimarcare il suo amore «altrimenti mi uccido». L’epilogo il 23 luglio, il giorno prima della denuncia. L’uomo, in preda all’ennesimo raptus, le ha messo le mani al collo ed ha stretto tanto da non farla respirare come raccontato dal referto dell’ospedale. La goccia che ha fatto traboccare il vaso.