Rimini. Invalido al 100% batte l'Inps e non restituisce 50mila euro

L’Inps prima gli paga la pensione di invalidità e poi chiede indietro i soldi perché non ne avrebbe avuto diritto. Per il Tribunale però è stato l’istituto di previdenza ad aver sbagliato ad erogare il contributo. Errore fatto senza dolo del percettore per cui la somma non deve essere restituita. Una sentenza importante quella scritta dal giudice del lavoro di Rimini Lucio Ardigò, chiamato a pronunciarsi che ha annullato il provvedimento dell'Inps che chiedeva ad un giovane invalido al 100 per cento la restituzione di oltre 50mila euro, con ratei di 70 euro mensili per un debito che avrebbe esaurito in 59 anni.

Cosa contestava l’Istituto nazionale della previdenza sociale al ragazzo affetto da una malattia genetica incapace di fare una qualsiasi azione di vita quotidiana? D’aver continuato a percepire negli anni in cui ha vissuto all'estero con i genitori (la madre è il suo amministratore di sostegno) la pensione di invalidità cosa però non permessa dalla legge italiana per chi risiede in pianta stabile fuori dai confini nazionali.

Il ricorso

Nell'analizzare le motivazioni del ricorso contro l'Inps presentato dall'avvocato Maria Luisa Trippitelli legale della famiglia in cui ha sottolineato come il ragazzo non abbia «possibilità di determinazione alcuna per operare scelte diverse da quelle delle persone da cui dipende la sua stessa sussistenza quotidiana, intendendo per assistenza anche gli atti più elementari come il lavarsi», il giudice Ardigò ha rilevato evidenti mancanze da parte dell'Istituto di previdenza. La pensione, per esempio, non è stata mai revocata nonostante l'amministratore di sostegno abbia inoltrato i documenti che comunicavano il trasferimento, esattamente come fatto anche con l'Aire (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) e con tutte le autorità amministrative e di polizia italiane competenti. E la legge parla molto chiaro. Dice che l'Inps avrebbe potuto richiedere la restituzione dell’intera somma percepita «solo qualora risulti accertata la sussistenza del dolo del soggetto che abbia indebitamente ricevuto i trattamenti pensionistici». Per il giudice Ardigò è quindi evidente che «da parte del percettore della pensione e del suo Ads non vi sono stati dolo o colpa grave nella formazione del debito» così come «agli stessi non può essere imputata una qualche omissione nella presentazione della documentazione necessaria ad ottenere e conservare il diritto alla pensione».

Il giudice Ardigò ha anche stabilito che l’Inps paghi le spese di lite quantificate in 3.604 euro.

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