Rimini, Francesco Pannofino in "MIne vaganti"
Un grande successo cinematografico. “Mine vaganti” di Ferzan Ozpetek commosse il pubblico. Era il 2010 quando uscì nelle sale. Premi e riconoscimenti seguirono a breve. A più di dieci anni di distanza torna la storia della famiglia Cantone, ma questa volta su un palcoscenico.
Prima regia teatrale per Ozpetek. Dal film alla scena: un processo per sottrazioni «lasciando l’essenziale intrigante, attraente, umoristico – sottolinea il regista –. Ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento».
Sul palco del teatro Galli, venerdì 17, sabato 18 e domenica 19, un cast corale che vede protagonisti: Francesco Pannofino (nei panni del padre), Iaia Forte (la madre), Erik Tonelli e Carmine Recano (i due figli) e Simona Marchini (la nonna). La vicenda, ambientata in un paese del Sud, è quella di questa famiglia benestante e borghese e del coming out del figlio maggiore, che si dichiara omosessuale battendo sul tempo il fratello tornato da Roma per aprirsi ai genitori e vivere nella verità. Dalla prima rivelazione un susseguirsi di avvenimenti e sentimenti.
«Ci sono ancora nella società di oggi pregiudizi molto diffusi e difficili da scardinare – racconta Pannofino –. Si prova ancora vergogna parlando di questo tema e molto si deve fare per sensibilizzare. Tante famiglie si trovano in una situazione simile. Una sera, dopo lo spettacolo, uscendo da teatro, ho incontrato una mamma che mi ha chiesto di fare una foto con lei. Dopo lo scatto mi ha detto: ho un figlio gay, lo amo, con il vostro spettacolo mi avete confortato. I pregiudizi sono retaggi antichi che devono essere eliminati. L’informazione, l’arte, la cultura sono determinanti per cambiare le mentalità».
Quali caratteristiche ha il suo personaggio?
«È un padre che viene travolto dalla scoperta dell’omosessualità del figlio. Ne ha uno scompenso anche fisico, ma il tutto viene raccontato ironicamente».Come ha affrontato Ozpetek la sua prima regia teatrale?
«Ferzan è venuto tutti i giorni alle prove. Voleva uno spettacolo non noioso, una messa in scena spettacolare, divertente. Anche la scelta della scenografia stilizzata, essenziale, è indicativa del tipo di scelta registica che ha fatto».Lei è un attore cinematografico, doppiatore dei più celebri divi di Hollywood come Clooney, Denzel Washington, Banderas, protagonista della serie “Boris”, ma ha fatto anche radio, audiolibri. Come vive l’esperienza teatrale?
«Mi piace diversificare. Cerco di non annoiarmi mai. Il teatro non morirà mai, è insostituibile, non c’è intelligenza artificiale che tenga. Ci si emoziona con il pubblico e per il pubblico. L’importante è fare spettacoli belli. “Mine vaganti” affronta temi seri con leggerezza e divertimento, è questa la sua forza».L’ironia di “Boris” e del suo personaggio è spesso pungente. Le ha creato problemi questo?
«No, nessuno si è mai offeso, anzi, tutti chiedono di essere chiamati in causa, di essere nominati. Sento citazioni da “Boris” anche nelle telecronache sportive e c’è una valanga di meme che gira sui social».Se, invece dei dietro le quinte del mondo delle serie tv, si parlasse dei dietro le quinte degli attori e degli operatori teatrali, lei cosa racconterebbe?
«Le dinamiche sono sempre le stesse, le si ritrova in tutti gli ambienti. Accadono anche tra camerini e palcoscenici situazioni paradossali. Alla fine degli spettacoli, affamati, parliamo dei ristoranti, di sport e, visto il periodo, di Sanremo, di Elodie e Mengoni».Inizio ore 21, domenica ore 16
Info: 0541 793811