È una proposta che fa discutere quella lanciata dal Silb Confcommercio di Sassari: discoteche differenziate per minorenni, con divieto di vendita di alcolici e chiusura a mezzanotte, e per maggiorenni, con vendita di whisky e quant’altro anche dopo le 3 e fino a chiusura. Una proposta che si pone un doppio obiettivo: accorciare la durata della movida notturna agli under 18, spingendoli a un ritorno anticipato a casa, senza penalizzare i locali nel rapporto coi clienti over. Un’idea da un certo punto di vista innovativa, che, però, non convince i gestori dei locali del Riminese, impegnati da decenni ad affrontare questi temi.
I gestori e la questione alcol
Sottolinea
Enrico Galli, proprietario del Cocoricò, locale sulle colline di Riccione, e dell’Altromondo Studios a Rimini: «Chiudere una discoteca a mezzanotte è improponibile. Avrebbe come risultato immediato l’uscita dal mercato del locale. Vi dico solo che, in particolare d’estate, i giovani turisti, 16enni, 17enni, arrivano in discoteca proprio a quell’ora. E i genitori lo sanno. L’unica soluzione, quindi, rimane quella che applichiamo noi». Spiega Galli: «All’ingresso controlliamo i documenti e ai maggiorenni apponiamo un timbro sul polso. Un modo molto semplice per riconoscerli una volta al bar e distinguere, così, chi può bere alcol da chi, invece, no. L’attenzione degli addetti alla sicurezza non finisce qui. Perché prosegue anche all’interno, tra pista da ballo e bagni, nel verificare che tutto fili liscio e che non ci siano strani passaggi di bicchieri. O altro». Tramonta qui il progetto sassarese. Perché quello dei proprietari dei locali della movida riminese è un “No” unanime. Sottolinea
Tito Pinton del Musica, sulle colline riccionesi: «L’idea è buona, intelligente, ma impossibile da realizzare. I minorenni non sono facili da gestire. Vi faccio un esempio: noi all’ingresso controlliamo sempre i documenti e lo stato di lucidità di ogni avventore. Ebbene, sapete cosa combinano spesso i ragazzini? Bevono all’esterno, un attimo prima di entrare, presentandosi così alla porta sobri, perché sanno che il tasso alcolemico sale pian pianino nel tempo, una volta dentro quindi. Per cui anche destinando locali ad hoc per loro, non credo che alla fine i problemi si risolvano d’un tratto. E poi, siamo sicuri che una volta usciti a mezzanotte facciano subito ritorno a casa?». Rilancia, allora,
Lucio Paesani, titolare del Coconuts, locale sul lungomare di Rimini, nei pressi del delfinario: «Intanto, da noi è vietato l’ingresso ai minorenni. E quando ci sono serate riservate a quella fascia d’età utilizziamo un doppio metodo: non serviamo alcolici al bar e non permettiamo l’uscita con rientro gratuito. Una volta fuori, dunque, ci vuole un nuovo biglietto per rientrare. Questo per evitare che bevano all’esterno per, poi, rientrare sbronzi nel locale».
Sicurezza
Non solo alcolici. Un’altra criticità, infatti, è quella delle sospensioni di attività, in base all’articolo 100 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che prevede la chiusura del locale in caso di risse o disordini gravi. E che la proposta sassarese risolverebbe con un confronto questore-gestore, durante il quale quest’ultimo potrebbe dimostrare l’estraneità della propria discoteca ai fatti contestati, evitando quindi il provvedimento di chiusura. Interviene Paesani: «L’applicazione dell’articolo 100 è già in fase di superamento. In qualità di presidente di Assointrattenimento Confindustria, infatti, ho siglato nei giorni scorsi, a Ravenna, col prefetto De Rosa, un protocollo sulla sicurezza nei locali che riconosce delle premialità ai gestori: chi, ad esempio, chiama le forze dell’ordine per segnalare un fatto grave non può essere penalizzato col provvedimento di sospensione». Fa notare, allora, Pinton: «Ritengo che sia importante anche il rispetto di due punti: l’utilizzo delle telecamere, come misura di sicurezza, e, soprattutto, il mantenimento dei parametri di capienza. Se un locale è tarato per duecento persone, si devono vendere duecento biglietti d’ingresso, non trecento o quattrocento».
Tassazione
Inevitabile, con chi fa impresa, non affrontare, in conclusione, la questione tasse. Precisa Pinton: «Siamo l’unica attività del settore intrattenimento che opera con Iva al 22%, mentre concerti, cinema, teatri, sono al regime del 10%. Se poi ci aggiungiamo un altro 10% di imposta d’intrattenimento e un ulteriore 10% di Siae capite che bene che quasi il 50% dell’incasso se ne va in tasse. Non capisco perché non possiamo avere l’Iva al 10% come tutti gli altri». Chiosa, quindi, Galli: «Guardate che le nostre attività creano occupazione per centinaia e centinaia di lavoratori, tra diretti ed esterni: parlo di barman, parcheggiatori, camerieri, tecnici, luci, amministrativi, personale di sicurezza. Noi, ad esempio, tra Cocoricò e Altromondo impieghiamo almeno duecento persone».