Non ce l’ha fatta, niente Palazzo Madama, ma non perde il buonumore il senatore uscente di Forza Italia, Antonio Barboni, che ha trascorso il lunedì nell’attesa di chiarire se il suo posto a Roma sarebbe stato riconfermato dopo l’ultima tornata elettorale. «Sarà comunque una grande giornata per me: torno a fare il medico a tempo pieno e resto in FI, a disposizione».
Lo spiega da capolista nella circoscrizione Emilia del Senato, controllando con frequenza il sito del ministero dell’Interno che aggiorna in tempo reale lo scrutinio: nella serata di ieri, attorno alle 21, ha dato il responso definitivo per tutti gli eletti. «Purtroppo non ce l’ho fatta, ma non mi lamento: ho accettato le decisioni di Roma e non ho detto niente». E’ evidente che il rammarico però resta, perché Barboni non è stato candidato nel collegio della “sua” Rimini, dove gli è stato preferito Enrico Aimi, coordinatore regionale di FI, candidato al Senato al proporzionale in Romagna e nel collegio uninominale di Reggio Emilia. Anche Aimi non è passato. E il partito di Berlusconi è rimasto a secco.
Numri in salita
Insomma, niente riconferma. Però Barboni non nasconde una certa soddisfazione per «la vittoria del centrodestra», e pure per Forza Italia: «Era morta e l’abbiamo risuscitata». A testimonianza di quanto detto ricorda alcuni dati: «A Riccione arrivavamo dalle amministrative dove abbiamo preso poco meno del 5% e adesso siamo al 6,99% al Senato; mentre; a Rimini avevamo il 2% e siamo al 6,29%». E ancora, continua Barboni snocciolando numeri a testimonianza della bontà del lavoro fatto: «A Bellaria abbiamo fatto il 10,98%, mentre in comuni come Montecopiolo e Sassofeltrio, per cui ci siamo impegnati per il distacco dalle Marche, abbiamo ottenuto rispettivamente il 9,02% e oltre l’11%, sempre a testimonianza che l’impegno profuso ci ha ripagati».
Subito alleanze per Rimini
Qualcosa di più si poteva ottenere, però, ma Barboni chiarisce che «non è il tempo delle polemiche e le discussioni saranno fatte all’interno del partito e della coalizione». Che vada o meno a Palazzo Madama, il senatore, forte della sua esperienza, ricorda comunque a chiunque andrà, destra o sinistra, di non avere troppa fretta: «Se arrivi a Roma e fai il fenomeno in solitaria - spiega - ti mettono subito in un angolo e non porti a casa niente, ovvero si possono fare tante interrogazioni, si possono fare tanti emendamenti ma alla fine si conclude poco, perché lì non funziona come un consiglio comunale, la situazione è del tutto differente e prima lo si capisce, prima si riesce a percorrere una strada che porti a dei risultati concreti, senza andare a Roma solo per fare presenza». L’alternativa, quindi, è quella di «avere pazienza e allearsi con tutti gli eletti dal tuo territorio, come ho fatto io con il senatore Marco Croatti del Movimento 5 Stelle». Discorso che vale anche per il deputato eletto tra le file del centrodestra, Jacopo Morrone: «Credo che l’abbia capito, fare squadra e condividere le scelte a livello locale: in passato è capitato che ne abbia presa qualcuna con, diciamo, troppo impeto».
Simone Mascia