Ravenna, la lotta contro il fango: "Anni per coltivare i campi"
A cento giorni dall’alluvione, le Cooperative agricole braccianti sono al lavoro per restituire all’agricoltura i campi distrutti dal disastro. Migliaia di ettari ricoperti da spessi strati di limo, via via cementificato e diventato una coltre dura fino a 20 centimetri dove la semina è ora impossibile: «Come dimostra ampiamente il caso delle Cab e nonostante molti dei “fari nazionali” si siano purtroppo ormai spenti, come temevamo, nel settore agricolo le emergenze sono ancora drammaticamente in atto. Chiediamo al Governo di mantenere la promessa fatta, quella di un risarcimento del 100% dei danni subiti - dichiara il presidente di Legacoop Romagna, Paolo Lucchi - visto che ad oggi non solo non esistono ancora indicazioni amministrative e tecniche ma le risorse - teoriche - stanziate per l’agricoltura (e non solo) sono decisamente inadeguate e comunque ora non disponibili».
Il lavoro di ricostruzione
Il presidente di Promosagri, Stefano Patrizi, spiega che le Cab sono impegnati in un «enorme lavoro di ricostruzione agraria con le loro forze». Il tutto «anche grazie al supporto della rete tecnica della filiera cooperativa ma senza il sostegno immediato dello Stato, che ancora incredibilmente latita nonostante il grande aiuto alla collettività che le Cab hanno dato durante l’alluvione, rischiamo davvero di non tornare alla capacità produttiva e di lavoro pre-alluvione». Questo è comunque l’obiettivo, anche se ripristinarne la produttività è complicato, poiché vanno studiati e sono necessarie più fasi di lavorazione rispetto alla norma, con un inevitabile aumento dei costi e delle ore di lavoro.Per Lino Bacchilega, direttore di Cab Ter.Ra, la speranza è di arrivare al 2024 riuscendo a rimettere a sistema l’80% del terreno. «Dei nostri 600 ettari allagati, 400 risultano ancora danneggiati. La prima semina di grano nei campi interessati dall’alluvione è prevista per il prossimo ottobre – commenta –, ma la caldissima stagione estiva con temperature da record sta compromettendo anche questa». Al momento si sta lavorando per riportare ossigeno al terreno rimasto per giorni sott’acqua e ripristinare l’intera flora microbica. «È un processo fatto anche per cercare di asciugare la terra a strati, essendo in profondità ancora molto umida» chiarisce Bacchilega.
Molti canali ostruiti
«Lo sgrondo delle acque è ostacolato dalla ostruzione di molti fossi e canali in cui è ancora presente una quantità importante di limo. Le operazioni di pulizia e ripristino della rete scolante vanno a rilento perché lo stesso limo non si è completamente asciugato», racconta Giampietro Sabbatani, direttore di Cab Massari. La cooperativa di Conselice, tra le più colpite dall’alluvione, la lavorazione dei terreni è stata, ed è tuttora, difficoltosa a causa dell’interramento dei residui colturali di paglia (il 90% dei 700 ettari di frumento e orzo non è stato trebbiato perché distrutto) o dell’erba medica. In alcuni casi è addirittura impossibile, perché le trattrici e le macchine utilizzate si trovano impantanate nei terreni ancora molto impregnati di acqua. «La maggior parte dei terreni sarà difficilmente arabile perché la quantità di acqua presente negli strati di terreno sotto i 15-20 centimetri è ancora molto elevata». Date le premesse «possiamo dire che impiegheremo almeno due anni per riportare i terreni ad uno stato di fertilità sufficiente, anche se non ottimale».«Risultati sconfortanti»
«La trebbiatura dei cereali si è conclusa con una superficie non raccolta pari al 32%, mentre la restante parte ha registrato una produzione media inferiore al 50% con risultati qualitativi sconfortanti. Due i motivi principali: il primo riguarda il danno subito dalla coltura a causa della permanenza dell’acqua, il secondo dall’impraticabilità dei campi. Raccogliere il grano alluvionato ha messo sotto forte stress le mietitrebbie che hanno registrato danni e fermi macchina ingenti. La nostra azienda presenta ora circa 50 ettari totalmente impraticabili e forse incoltivabili anche nel 2024», riferisce Paolo Rosetti, direttore di Cab Comprensorio Cervese. Anche Rosetti rileva le difficoltà alla rete scolante mentre «nella zona a ridosso delle saline, infine, si rileva una concentrazione preoccupante di Sodio che ha alzato la salinità generale dei terreni. Al netto di altri eventi di questa portata - conclude -, auspico che si torni ad una gestione ordinaria nel 2025».Marco Lanzoni, direttore di Cab Bagnacavallo e Faenza, spiega: «Siamo finalmente riusciti ad entrare in tutti i terreni ma dobbiamo ancora capire come comportarci perché è la prima volta che affrontiamo una situazione del genere. Mai prima d’ora i campi erano rimasti sott’acqua così a lungo». Nel faentino il problema è legato soprattutto alle difficoltà della rete di scolo, a Bagnacavallo ci sono aree con sedimenti limacciosi che si spera di ripristinare per il 2025. Per Agrisfera rimane una grande incognita su circa 300 ettari di difficile ripristino in cui occorreranno almeno i prossimi sei mesi, o anche tutto l'inverno, per ridurre e gestire lo strato di limo. «Si tratta di piastrelle grandi 30-40 centimetri e alte 10/12 centimetri: una sorta di cubi difficili da raffinare per poter seminare, ma speriamo comunque che la produzione possa riprendere già nel 2024», spiega Giovanni Giambi, direttore della cooperativa agricola con sede a Sant’Alberto. Stima tre anni per tornare a regime anche Franco Balducci, direttore di Cab Fusignano che segnala anche l’aumento dei costi legati al ripristino dei terreni. C’è urgenza di sistemare canaline e canali di scolo anche per Cab Campiano, dove - spiega il presidente Massimo Pepoli - vi è la necessità di ripulirle da erba, cespugli e terra che impediscono il normale deflusso dell’acqua.