Ravenna, il Cestha: "Animali morti e plastica in acqua, ma il mare si rigenera in poo tempo"

Le piene impetuose dei fiumi hanno portato in Adriatico di tutto: carcasse di animali, limo, grandi pesci di acqua dolce che poi non hanno resistito all’impatto con l’acqua salata e tantissimi rifiuti, soprattutto plastica. Il Cestha, Centro sperimentale per la tutela degli habitat con sede a Marina di Ravenna, monitora con attenzione la situazione e ha deciso di sospendere temporaneamente il rilascio delle 30 tartarughe che avrebbero dovuto riguadagnare il mare: «Le tartarughe staranno ancora con noi – spiega Simone D’Acunto, il direttore di Cestha -. Le rilasceremo soltanto quando le condizioni saranno ottimali. Al momento, ipotizziamo che le tartarughe e anche alcune specie di pesci, che normalmente stazionano a ridosso della costa, si siano spostati più a largo a causa dell’improvviso e massiccio afflusso di acqua dolce che si è registrato a maggio. L’ipotesi è rafforzata dal fatto che normalmente a maggio e a giugno effettuiamo dai 3 ai 4 recuperi di tartarughe alla settimana. Quest’anno siamo fermi a zero. Per cui crediamo che al momento le tartarughe e altri abitanti del mare preferiscano rimanere a largo, oltre le sei miglia. Per l’agognato ritorno alla libertà, le tartarughe ospitate nel nostro centro dovranno attendere ancora un po’. Sarà un’attesa breve, per fortuna il mare ha una capacità rigenerativa enorme». Tra i componenti organici che si sono riversati in mare ci sono anche i resti di carpe, siluri e altre specie di pesci d’acqua dolce: «Sono stati travolti dalle piene – spiega ancora D’Acunto – e una volta in mare tendono a soccombere perché non resistono in acqua salata. Nel Candiano hanno segnalato la presenza di diverse carpe morte e lungo le spiagge sono stati ritrovati esemplari, anche di notevoli dimensioni, di siluri». La furia delle acque ha travolto anche gli animali e non solo quelli da allevamento: «Purtroppo molti animali domestici non sono riusciti a mettersi al riparo e l’ondata di piena è stata fatale. Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni riguardanti il ritrovamento di cani senza vita». D’Acunto è fiducioso sul fatto che presto il mare sarà in grado di tornare alle normali condizioni: «Occorre avere pazienza – dice – i fiumi hanno sempre rappresentato una ricchezza per il mare. Sono l’alimento dell’Adriatico ed è grazie a loro che il nostro mare si mantiene così pescoso. L’alluvione ha rappresentato qualcosa di dirompente. Purtroppo, oltre al materiale organico, questo evento climatico di eccezionale portata ha fatto sì che i fiumi e i canali abbiano trascinato con sé di tutto. Ci preoccupano soprattutto le plastiche. Già ora, lungo l’alveo dei Fiumi Uniti, sono visibili tantissimi detriti di plastica. Gran parte di essi finirà in mare. Da una recente indagine è emerso che i fiumi romagnoli sono tra i corsi d’acqua più inquinati dalle plastiche a livello italiano. Questo succede perché scorrono in zone massicciamente urbanizzate. Le piene hanno scaricato in mare grandi quantità di questo materiale altamente inquinante».

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