Ravenna festival si candida per la “fase 2”
RAVENNA. Musei, biblioteche, cinema, teatri… lo sappiamo, tra le vittime del virus che ammorba il mondo intero ci sono i luoghi e il popolo della cultura. In particolare quelli dello spettacolo, e soprattutto dello spettacolo dal vivo che, per definizione, si esprime pienamente nell’atto stesso del suo svolgersi, e si consuma proprio nel contatto diretto tra artista e pubblico. Non c’è dubbio che tra i maggiori “produttori” di spettacolo, e non solo a livello locale o nazionale, vi sia Ravenna festival che, secondo il programma presentato lo scorso dicembre, avrebbe dovuto iniziare il prossimo 3 giugno e proseguire fino alla metà di luglio poi alla trilogia operistica dell’autunno. Ora che tutto è cambiato, cosa ne sarà di quel cartellone? Ne abbiamo parlato con lo staff direttivo della Fondazione Ravenna Manifestazioni, in primo luogo con il sovrintendente Antonio De Rosa.
In un quadro sospeso in cui per lo più ci si limita ad aspettare, a chiedersi cosa ne sarà dei teatri sottolineando l’eccezionale stato di emergenza, lei gioca d’anticipo, avanzando per il festival una proposta concreta, fattibile.
«Tenendo conto di una situazione che è drammatica, soprattutto se si pensa alle condizioni di tanti lavoratori dello spettacolo, abbiamo cercato di mutuare dall’industria una prassi operativa, abbiamo pensato di fare come, per esempio, fa la Ferrari: produrre un piano di gestione delle attività secondo i dettami dei decreti del presidente del Consiglio e quindi dell’Istituto superiore di sanità, e presentarlo all’attenzione del governo, o meglio della task force di esperti presieduta da Colao, che si occuperà della ripartenza dopo il lockdown. Così, abbiamo elaborato un’ipotesi che abbiamo condiviso con quella che definiamo la “filiera della musica” ovvero con un gruppo di lavoro composto da più enti, le associazioni delle Fondazioni lirico-sinfoniche, quella dei Teatri di tradizione, quella delle Istituzioni concertistiche orchestrali, poi Italia Festival, dal cui tavolo in questi giorni muoverà la nostra proposta».
La Rocca Brancaleone potrebbe essere luogo privilegiato di spettacolo. È così?
«Sì, esattamente trent’anni fa, il 1° luglio 1990, alla Rocca si inaugurò il primo Ravenna festival con un concerto diretto da Riccardo Muti. Per questo ci piacerebbe che proprio alla Rocca si tenesse un altro primo concerto, quello che darebbe il via in Italia alla cosiddetta “fase 2” e che dopo mesi di silenzio segnerebbe la rinascita della vita musicale. L’idea è di realizzare lì gli spettacoli, da giugno a luglio, in una sede dove poter attivare con facilità tutte le precauzioni e le regole di distanziamento interpersonale necessarie alla sicurezza di pubblico e artisti».
Questo significherebbe però misurarsi con numeri diversi, ridotti.
«Certo, il palcoscenico potrebbe comunque ospitare fino a un’orchestra di 62 musicisti, tutti a un metro l’uno dall’altro, eccetto i fiati a un metro e mezzo e protetti da pannelli di plexiglass, mentre in platea si arriverebbe a 250 spettatori. Però la fibra ottica di Lepida transita a pochi metri dalla Rocca: cercheremo di portarla fino al palcoscenico e questo ci consentirà di trasmettere spettacoli e concerti anche in streaming, raggiungendo così un pubblico molto più ampio. Nel progetto rientra infatti anche la creazione di una vera e propria web tv, potremmo già chiamarla Ravenna festival web tv, il cui palinsesto sarebbe collegato a una app disponibile a chiunque voglia seguire il festival giorno per giorno, anche sullo smartphone, e da qualsiasi luogo. Naturalmente sarebbe tutto gratuito, come simbolico sarebbe il prezzo del biglietto alla Rocca… insomma, sarebbe un festival in modalità del tutto inedita».
Naturalmente tutto questo comporterebbe anche una rivisitazione del cartellone che, come raccontano i direttori artistici Franco Masotti e Angelo Nicastro, va ripensato e continuamente rimodulato.
Per Nicastro, «si potrebbe garantire una parte del programma sinfonico, grazie all’orchestra residente, la Cherubini. Inoltre, non possiamo dire ora se Valerij Gergiev riuscirà ad arrivare in Italia, ma intanto ha confermato che con l’Orchestra del Mariinskij registrerà a San Pietroburgo il concerto che avrebbe dovuto tenere qui e il nostro pubblico potrà assistervi online. Ma anche per i concerti sacri stiamo pensando di non rinunciare alle nostre basiliche, San Vitale ma anche Sant’Apollinare nuovo e Classe, dove si potrebbe allestire un piccolo set, registrare i concerti che il pubblico seguirebbe online ma anche in un maxischermo alla Rocca, con una fruizione più immersiva. Tra l’altro, sarebbe un segnale importante anche per valorizzare la nostra città, per rilanciare i nostri monumenti, in un momento di assoluta stasi turistica».
Oltre a cercare di “salvare” parte del cartellone programmato, potrebbero affacciarsi nuovi nomi?
«Sì, stanno prendendo contatti in questo senso; per esempio Beatrice Rana, pianista di grande successo che ha dovuto cancellare la tournée negli States, se ci saranno le condizioni potrebbe esibirsi in recital».
Non si profila certo un percorso facile e, come sottolinea Masotti, «si tratta di ipotesi tutte da verificare: per esempio, gli appuntamenti con la danza e i Cento Cellos sono impensabili in condizioni di distanziamento interpersonale, ma forse qualcosa del progetto di Sollima si può salvare. Allo stesso modo artisti che erano pensati in situazione di insieme potrebbero accettare di esibirsi in solo; mentre si può pensare che alcune delle cose programmate altrove si tengano invece alla Rocca, per esempio il concerto di Neri Marcorè inizialmente previsto a San Giacomo a Russi…».
Insomma, il condizionale è d’obbligo perché, come tiene a precisare il sovrintendente: «Non possiamo dare nulla per scontato, la nostra per ora è solo un’ipotesi e non è detto che si riuscirà a realizzarla. Le reazioni positive di questi giorni, ci fanno però capire che provare è necessario».
E forse è necessario anche sognare. Allora, aggiungiamo noi, perché non immaginare che a dare il via alla musica del dopo virus, trent’anni dopo e sullo stesso palco, non sia di nuovo lui, Riccardo Muti? Tanto vale sognare in grande…