Premi di produttività: in Romagna solo al 18% dei lavoratori
CESENA. Premio di produttività, questo sconosciuto. O quasi. E se va bene, in Romagna, l’assegno è più basso che nella vicina Emilia, seguendo l’adagio di una regione che viaggia spesso su due velocità.
Che cos’è
Il cosiddetto salario di produttività è un importo annuale contrattato tra sindacati e imprese, che tiene conto dell’andamento dell’azienda, ed è previsto dai contratti integrativi. Fu inserito nel famoso accordo del 1993 tra sindacati, governo e imprese, ma ha incontrato difficoltà applicative perché nelle aziende piccole si fatica a fare contrattazione e perché gli incentivi fiscali e contributivi non sono adeguati.
Così in Romagna
Il risultato, in Romagna, è che neppure un lavoratore su cinque lo riceve. Per chi ha la fortuna di riceverlo, l’importo medio è pari a 875,60 euro, circa 300 euro in meno rispetto alla media dell’Emilia. A fare conti e comparazioni è la Cisl Romagna che ha raccolto tutto in un dossier elaborato sulla base di un campione di oltre 133mila dichiarazioni dei redditi di lavoratori dipendenti presentate attraverso i Caf Cisl.
«In Romagna la provincia di Ravenna ha la maggiore copertura di contrattazione integrativa con premio a favore del 24,2% dei dipendenti - spiega il segretario generale della Cisl Romagna, Francesco Marinelli - segue poi Forlì-Cesena con il 18,7% e infine Rimini con il 10,3%».
La percentuale della Romagna è del 18,9%, in questo caso più che in Emilia dove ci si ferma al 17,1%, mentre la media regionale si attesta a 17,5%. «Non potendo fare contratti aziendali in imprese con pochi dipendenti - continua Marinelli -, cerchiamo di siglare contratti territoriali e di settore merceologico, in modo poi che le imprese aderenti possano applicarli ai propri addetti».
L’effetto in busta paga
Sugli importi, come detto, la Romagna “perde” circa 300 euro rispetto all’Emilia. E tra le tre province romagnole ci sono differenze significative. Rimini registra il premio di produttività medio più alto della Romagna con 1.067,74 euro, superando Ravenna con 940,38 euro e Forlì-Cesena con 787,31 euro. La media complessiva è pari a 875,60 euro. In Emilia i premi di produttività sono più sostanziosi del 30% con una media di 1.146,02 e la punta regionale a Bologna di 1.222,52. Forlì-Cesena ha il record negativo della regione e insieme a Ravenna sono le uniche due province dell’Emilia-Romagna a essere sotto quota mille euro.
«Questa fotografia è coerente con quanto stiamo dicendo da tempo presentando i nostri studi - dichiara Marinelli -: in Romagna c’è un problema di qualità del lavoro, di conseguenza di quantità della retribuzione per i lavoratori, infine di assegni pensionistici più bassi di quelli emiliani.” Infatti in Romagna l’incidenza del premio di produttività è pari al 4,3% di una retribuzione media, perdendo mezzo punto rispetto all’Emilia.
Le tre sfide
Questo è il quadro, in un contesto dove anche la locomotiva Emilia-Romagna inizia a mostrare segnali di frenata con il Pil che si prevede in crescita solo dello 0,3% dopo la crescita dell’1,4 registrata lo scorso anno. E così la Cisl Romagna lancia «tre sfide». «Una alle imprese e alle istituzioni per aumentare la percentuale di copertura del premio sui lavoratori e adeguare l’importo al reale andamento aziendale - dice Marinelli -. Il salario di produttività è oggi l’unica strada percorribile per aumentare i salari dei lavoratori dipendenti che, assieme ai pensionati, muovono i consumi del Paese. È lo strumento che unisce gli interessi dei lavoratori e delle imprese perché distribuisce una parte di produttività aziendale creata grazie alla collaborazione dei dipendenti. Inoltre non è certo con il salario minimo per legge che si alzano gli stipendi, anzi con questa misura si corre il rischio di generare una fuoriuscita delle imprese dal sistema della contrattazione collettiva con seri rischi per i lavoratori. Secondo noi, invece, servono due interventi: una legge che riconosca la validità dei contratti di lavoro firmati dai sindacati più rappresentativi e finalmente che l’Inps certifichi le adesioni dei lavoratori ai sindacati. Infine è indispensabile che in Romagna si punti a prodotti di qualità quindi a imprese e a lavoro di qualità perché solo in questo modo potremo recuperare questo disallineamento con le altre province della regione».