Passione vermouth, ricette e nuove idee di "nasi" e vignaioli

Da aperitivo o da meditazione, il vermouth sta vivendo un momento dorato da qualche anno anche in Romagna. Se tradizionalmente si indica il Piemonte come sua terra di origine, vero è che dal punto di vista produttivo la Romagna è sempre stata legata a questa stessa storia, non fosse altro perché ha sempre fornito le basi di trebbiano. Legato a grandi nomi italiani dell’industria del bere, oggi questo vino aromatizzato rimanda sempre più spesso anche a piccole produzioni artigianali locali. Buon vino di base e aromi che derivano da foglie, artemisie come si è detto, ma anche issopo, maggiorana, melissa, timo, salvia, poi fiori (camomilla, luppolo, sambuco...), frutti e spezie, radici e scorze. Ma nessuno svelerà mai le proprie combinazioni.
Di Baldo Spirits
La sua produzione di vermouth, il riminese Baldo Baldinini l’ha avviata in tempi non insidiati dall’elemento moda, una decina di anni fa. Il “721” è l’etichetta che si propone con l’inconfondibile stile Baldo che sposa spiriti e profumeria, la rosa è la prima nota che colpisce poi una complessità di frutti rossi, assenzi e amarena, con una nota dolce finale. Un vermouth «fuori dai binari» come lo definisce il suo creatore che non a caso per il nome si è ispirato alla celebre foto del treno deragliato a fine Ottocento alla stazione di Montparnasse. Baldinini crea poi per Tenuta Saiano un dry “nato pronto” ossia buono da aperitivo come da meditazione, il Demos. Firma poi uno dei primi e più blasonati vermouth romagnoli, il preferito da lui stesso, il “BV” creato per la cantina Calonga della famiglia Baravelli: un altro vermouth rosso fatto con i vini aziendali sangiovese al 90% e cabernet sauvignon per il resto, con un bouquet complesso e una nota amaricante piacevolissima; nel tempo ha poi aggiunto anche un vermouth bianco secco. Per la cantina Santa Barbara di Stefano Antonucci, nelle Marche, ha poi messo a punto un vermouth rosso che è un’esplosione di macchia mediterranea, certamente adatto alla miscelazione nei cocktail da aperitivo. Ricette «su misura, sartoriali» che il naso romagnolo tesse sulla trama del vino alla base.Villa Papiano
Nota per i suoi vini dalle vigne alte di Modigliana, anche Villa Papiano ha il proprio vermouth, e anche un bitter, entrambi a base albana. «Il vermouth ha come base il Tregenda che è la nostra albana vendemmia tardiva, mentre il bitter parte da Terra che è la nostra albana secca – spiega Maria Rosa Bordini –. Entrambi nascono nell’ottica di una economia circolare. Ci siamo infatti accorti che dalle varie annate di albana sia nelle barrique che nelle anfore restava un residuo di vino dalle forte chiusura amaricante. Perché non calcare la mano allora?». La prima annata è stata la 2020 per entrambi. «La ricetta è la nostra – spiega Bordini –, ma lo realizziamo appoggiandoci alla vermuteria di Canelli. Il bitter è una dedica all’Appennino, attinge infatti alle varie erbe della nostra montagna, primi fra tutti l’elicriso e il biancospino». Il vermouth è un omaggio al Mediterraneo e qui le note di agrume spiccano su tutto, insieme al cardamomo. Si tratta di una produzione limitata di 3/4000 bottiglie per tipo.Baccagnano
Si chiama Autarchico e non per caso il vermouth bianco di Baccagnano: secco, deciso, pienamente amaro eppure suadente. «Il nostro vermouth Autarchico nasce dalle erbe infestanti dietro casa e da una partita di vino trebbiano sul cui destino ero indeciso», spiega Marco Ghezzi della cantina Baccagnano di Brisighella. Ad accorgersi di quelle erbe è stato proprio lui e grazie a una cosa sola: «l’odio che ho per il decespugliatore. L’estate scorsa, sempre a caccia di una scusa per non decespugliare mi sono messo a fare l’inventario delle erbe spontanee che crescono in vigna e nelle rive intorno a casa: artemisia, camomilla, menta, melissa, rosmarino, salvia, santoreggia, ma ci sono anche gramigna, amaranto, piantaggine, ortica, coriandolo, assenzio, wermut...Wermut? Vermouth! Mi sono accorto così che dietro casa avevo quasi tutto quello che mi serviva per fare una delle mie bevande preferite». Marco Ghezzi però non è persona da lasciare nulla al caso, quindi avuta l’idea se ne è andato a Torino, patria del vino aromatizzato, ha fatto un corso, si è costruito l’immagine precisa del prodotto che voleva: «Un vermouth bianco il più possibile romagnolo, il cui massimo dell’esotico non superi i confini nazionali. Unica concessione sono infatti gli agrumi, per cui ci siamo spinti in Calabria, che poi è la regione di mia moglie Maura. Alla fine più passano gli anni e più mi rendo conto che la flessibilità è la dote principale di chi ha a che fare con la natura e l’agricoltura, saper adattare via via le proprio scelte allo scorrere del tempo e del maltempo, cercando di non perdere di vista gli obbiettivi che abbiamo in testa».Una ricetta antica, una moda oggi. Wermut è il nome tedesco dell'artemisia maggiore, ingrediente fondamentale di ogni ricetta di ... vermouth. L’usanza di aromatizzare il vino, mettendovi in infusione foglie, fiori, radici, spezie, semi, legni e scorze, si perde nella notte dei tempi, ma a fine Settecento fu il piemontese Antonio Benedetto Carpano a coniare questo nome e depositarne una ricetta. Da principio ci sono stati vari stili di vermouth, in generi distinti per colore (rosso, bianco e rosato) e per gusto (dolce, secco, extra secco , chinato); la gradazione alcolica non deve essere inferiore al 15,5% in volume e il contenuto in zuccheri complessivi, non inferiore a 14 grammi per 100 ml. Nei dry: più alcol, 18%, e due grammi in meno di zucchero.




