Paolo Gallina presenta il suo libro su arte e robot al Fulgor

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La connessione tra arte e tecnologia non è una novità. Ma l’attività espressiva dell’arte robotica sta compiendo i primi passi nella dimensione umana. E dunque cosa succede nell’interazione tra il rigore della scienza e la libertà dell’azione pittorica?

Domattina alle 11 il cinema Fulgor ospita Paolo Gallina, docente ordinario di Meccanica applicata alle macchine all’Università di Trieste, nonché responsabile del Dipartimento di Ingegneria e Architettura, per discutere i contenuti del suo nuovo libro La protoarte dei robot. Quando l’arte, la robotica e l’intelligenza artificiale si intrecciano, in conversazione con il manager e scrittore Pier Luigi Celli. L’evento è organizzato dalla Clinica Nuova Ricerca.

Gallina, cosa l’ha appassionata in primo luogo al mondo della robotica?

«È iniziato tutto alle medie: il fascino derivava da una professoressa di matematica che parlava di robotica, e da quel momento mi sono innamorato, sia della professoressa che della robotica. Poi con la professoressa non è andata bene, ma con la robotica sì. Sono quelle scelte inconsce che si fanno nella vita, e che alla fine vanno a condizionare tutto. La cosa che mi affascina di più della robotica è la vicinanza con l’uomo, ossia vedere qualcosa che si muove e si evolve similmente a un uomo: è molto affascinante.»

L’arte e la tecnologia hanno sempre avuto un rapporto complesso o è uno sviluppo più recente?

«Credo ci siano sempre stati dei mutui condizionamenti: ad esempio, prima dell’invenzione dei tubetti per i colori a olio, difficilmente un pittore andava a fare paesaggi ripresi dal vivo, perché proprio dal punto di vista tecnologico portarsi via tutti i contenitori tra coppette e tazzine era scomodo. Un intervento tecnologico, la tavolozza, ha poi modificato il modo di percepire, di vedere il mondo e di fare arte. Siccome l’artista è curioso si pone il problema: come posso utilizzare questo strumento tecnologico per comunicare qualcosa a agli altri esseri viventi? C’è sempre stato un rapporto, secondo me, e adesso che la tecnologia si sta sviluppando in maniera esponenziale, è chiaro che è ancora più intenso».

Riguardo all’arte creata da intelligenze artificiali, come possiamo riconoscere un’immagine “autentica” da una falsa?

«Le opere create da intelligenze artificiali rimangono sempre e solo nel mondo digitale: sono sempre pixel e mai colori su tela. In quel caso è molto difficile distinguerle, però un conto è saperle distinguere come osservatore, e un conto è dire che hanno la stessa originalità di un’opera prodotta da un essere umano. Le opere prodotte da intelligenza artificiale non sono originali. Saranno sempre imitazioni, e deriveranno da qualche opera che è stata fatta precedentemente dall’essere umano. Adesso che alcuni artisti e grafici hanno venduto a sistemi di intelligenza artificiale i loro lavori, è avanzata la richiesta di diritto d’autore; un progetto artificiale produce un lavoro diverso, ma se usa il mio stile che è stato utilizzato per istruire l’intelligenza artificiale allora il nuovo te l’ho messo io. L’immagine generata dall’intelligenza artificiale comunque trova le sue informazioni da cose già create: ci sono intelligenze artificiali che, ad esempio, riescono a imitare alcuni stili come Picasso, o i pittori fiamminghi, ma vengono istruite proprio con gli stili di quei pittori in carne e ossa; non esiste un’intelligenza artificiale che può creare in maniera autonoma, senza cogliere il pregresso realizzato dall’essere umano, non esiste per come è costruita l’intelligenza artificiale. In realtà è anche quello che fa l’essere umano: quando realizza qualcosa, non è che parte da zero, quindi, istruito da altre persone, si guarda in giro, però c’è quella scintilla di innovazione che deriva dalla complessità del suo cervello che è quello che dà l’originalità all’opera».

Quale pensa sia il futuro prossimo dell’arte robotica?

«Credo che avrà uno sviluppo, ma sarà un piccolo sviluppo, nel senso che l’ennesimo strumento è l’ennesima tecnica a disposizione delle persone. Perché dico che avrà un piccolo sviluppo? Perché coloro che potranno occuparsi di questo saranno figure che stanno a metà tra l’artista e il tecnologo, e non è facile essere formati su entrambi di settori. Ce ne sarà di sviluppo nei prossimi trent’anni sicuramente, e poi finita la novità rimarrà come qualsiasi altra tecnica».

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