Omaggio all'Orlando furioso
di RICCARDO BELLONI
Flavia Franceschini (Ferrara, 1955) espone a Marina di Ravenna, alla Galleria FaroArte, fino al 24 settembre. Il titolo della mostra è Imago, finzion d’incanto, un omaggio all’Orlando furioso dell’Ariosto, cui sono dedicati molti lavori. L’arte di Franceschini è assai variegata nelle tecniche e nei materiali, dalle splendide sculture in legno, cesellate come pietre preziose, ai quadri, alle foto, ai video e quant’altro.
L’esaustivo catalogo, sotto l’egida di Capit Ravenna, Felsina Factory Bologna e Pro Loco di Marina, è corredato da un’antologia critica con testi di Carlo Bassi, Gianni Cerioli e Silvia Pegoraro. Nella prefazione, Sandro Malossini, curatore della mostra, paragona certi lavori alla dinamica delle nubi, cogliendo in essi qualcosa di etereo, metamorfico ed effimero, analogamente alle figure, per così dire, “scolpite” dal caso nelle nuvole.
Il denominatore comune di tutte le opere è una poetica coltissima e raffinata che esplora, in chiave surreale, l’interfaccia fra mitologia e realtà, sogno e memoria, archetipo e conoscenza. Molti lavori sembrano una materializzazione dei fantasmi della memoria, talora trasfigurati dal “tempo irreparabile”, per dirla con Virgilio.
Nei disegni di questo genere, l’artista si affida talvolta ad una definizione lineare di estrema rarefazione, tendendo alla percezione liminale delle figure, a beneficio del fascino dell’indeterminato e della lontananza. Tuttavia, si recepisce sempre una metafisica dell’immagine, anche quando questa è realisticamente e nettamente definita, come in quelle figure mitiche femminili che sembrano quasi sognare, in una sorta di sonnambulismo estatico, oppure in quei volti (in raffinatissima tecnica mista) che “affiorano” come dei ricordi, apparendo in sospeso fra l’emergere interamente dal quadro o sprofondare nuovamente in esso, ovvero nell’oblio.
In talune opere (Leda, La maga Alcina), si ravvisa una sottile riflessione sull’amore fisico, dove la sensualità sublima in un superiore senso della bellezza.
In altre (ad esempio in «Angelica che seco aveva quell’annel miralbil...»), le figure si accumulano su strati diversi (pannelli di plexiglass incisi e inchiostrati), come le enigmatiche grafie dei fossili incise nelle rocce. Anche qui, come nelle altre opere esposte, si percepisce un profondo senso del mito, della cultura e della transitorietà di tutte le cose.
La mostra è aperta il sabato: 16-19.30 e la domenica 16-19