Nuovo disco per la riminese Chiara Raggi

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«Fare musica e cercare di farlo al meglio con gentilezza, un passo dopo l’altro». La romagnola pluripremiata musicista e compositrice Chiara Raggi ha superato la boa dei 20 anni di carriera e li festeggia con un nuovo progetto, “Musica di seta”, e un nuovo album, il quarto, che esce il 10 dicembre), titolo La natura e la pazienza. Il «cantautore femmina», come ama definirsi, si divide tra Rimini, dove è nata ed è tornata a vivere, Torino, dove insegna alla Scuola Holden, e le capitali del mondo, dove è chiamata a fare concerti anche in esperanto, lingua che ha studiato, musicato e fatto propria. Inoltre ha messo a disposizione il suo talento artistico, affiancato da grande professionalità e grinta imprenditoriale, per creare un viatico per un viaggio collettivo colorato di rosa mettendolo a disposizione del mondo musicale femminile. “Musica di seta” l’ha concepita come una casa, per lei e per cantautrici alla ricerca di un approdo, molto altro oltre a essere etichetta discografica, magazine online, casa di produzione, organizzazione e gestione di eventi sulla scia di “Eco di donna evolution”, rassegna di musica d’autrice che Raggi ha ideato e cura da alcuni anni.

Esce a giorni il nuovo disco, che cosa rappresenta questa tappa nella sua ventennale carriera?

«Un nuovo inizio. Ogni album ha la sua storia, il suo percorso. Uscire in questo momento così significa per me ripartire e farlo con la musica che da sempre è il motore che muove il mio passo».

Disco dal titolo “La natura e la pazienza”. Dal punto di vista filosofico due concetti carichi di significati profondi. Perché ha deciso di metterli in correlazione?

«Non si finisce mai di scoprire se stessi e per me è sempre più importante indagare la natura umana, la mia prima di tutto. Cercare di comprendere le proprie peculiarità e le proprie debolezze. Qui entra in gioco la pazienza, un’arte da esercitare nell’accettazione di sé, della propria identità».

Si tratta di un concept album? Qual è il filo conduttore che lega i 9 brani? Può parlarci del flusso creativo che lo ha animato?

«Non si può definire un concept album nel senso classico ma per me lo è a tutti gli effetti. Tutte le canzoni sono frutto di un periodo di rinascita personale e artistica e sono sgorgate una dopo l’altra, incatenate tra loro. È stata un’esperienza davvero intensa scrivere questo album che è la fotografia di un momento da ricordare».

Come è stato costruito musicalmente?

«Le canzoni, che spaziano dalla classica al jazz, sono suonate live e registrate in presa diretta con un quartetto – voce-chitarra, piano, contrabbasso e batteria – e con un’orchestra di 15 elementi».

Il lavoro esce a seguito di mesi di confinamenti, legati alla diffusione di una pandemia che ha sconvolto il mondo. Quanto ne è stato influenzato?

«La musica ha una forza che va oltre qualunque confine e sono fiduciosa che questo album possa fare la sua strada anche in un momento come questo. Abbiamo voglia di tornare a cantare, a calcare un palcoscenico, e una nuova nascita preannuncia sempre un qualcosa di bello da vivere».

Seguendo la sua produzione discografica - questo è il quarto album - si può affermare che il suo sguardo verso la natura è figlio della sua profonda umanità intesa come un sentire combinato di amore, solidarietà, compassione, comprensione, cura, gentilezza, apertura, che la sprona ogni giorno a valorizzare i punti di forza e accettare le fragilità senza rinunciare ai sogni. E per questo ci vuole pazienza, saper attendere tenendo duro. A ciò si aggiungono uno sguardo al femminile e un’attenzione verso il mondo musicale femminile molto forti. È così?

«Grazie per questa lettura. Mi scontro quotidianamente con piccole e grandi azioni di sottovalutazione come musicista, imprenditrice e donna. È necessario avere uno sguardo e delle competenze che possano essere tutela per se stessi e per le altre artiste. Desidero mettere a frutto le brutte esperienze che ho fatto, che sembrano non finire mai per noi, facendo un’azione divulgativa a tutela delle artiste vessate, raggirate e sminuite. Non sono poche».

Qualche settimana fa il disco è stato anticipato dall’uscita del singolo, “Mosaico”, come a richiamare l’attenzione sul tutto di cui ciascuno di noi è parte.

«La nostra vita è un mosaico di esperienze, accadimenti, dolori e felicità. Le nostre vite insieme, se pur nella loro diversità, disegnano un mosaico universale in cui ognuno ha il proprio posto, il proprio spazio».

Lei che è musicista e autrice, pensa che anche la musica sia un mosaico? Che vada custodito, valorizzato, fatto conoscere?

«La musica è il mosaico più corrispondente che conosca! È l’insieme di parti, note, strumenti, musicisti, parole che convivono in quello che poi noi percepiamo come armonia, interplay, orchestrazione. Sarebbe bello se si tornasse ad ascoltare, scoprire, informarsi senza fermarsi a quello che ci propongono i palinsesti radiofonici e televisivi. È l’unico modo per conservare e portare alla luce».

Stupisce un sondaggio sulla popolazione del Nord Europa, sulla conoscenza della musica e la capacità di suonare uno strumento. L’Italia, che è la patria del melodramma e della canzone, ha una popolazione che in maggioranza non conosce la musica e non sa suonare. Lei come docente che suggerimento darebbe?

«Studiare musica insegna a stare al mondo, a prescindere dal renderlo o meno un mestiere. Ho imparato nel mio percorso la disciplina, il rigore, l’indipendenza insieme all’ascolto dell’altro, esprimersi in empatia con chi ti sta a fianco. Tante volte la musica è un atto sociale che esprime il cuore di una comunità. È un gesto di condivisione».

La copertina, che porta la firma di Carlo Lanzoni, evoca con un’immagine le tante sfaccettature dell’album. Ce la racconta?

«Carlo, che è un grande carnettista, ha aperto una finestra sul mio mondo, sulle canzoni dell’album. Contiene gli elementi che animano le canzoni e più ampiamente i temi che ricorrono nella mia scrittura. Una finestra sul mare, la storia della mia vita».

L’album esce con l’etichetta propria, primo parto dell’ambizioso progetto dal nome che evoca l’Oriente, “Musica di seta”. Ce ne parla?

«È stato un grande passo in un momento che poteva apparire poco propizio. Invece ho seguito le briciole di pane che ho trovato sulla mia strada, mettendo insieme i segni, ed è stato naturale per me investire tempo, energie e denaro nella costruzione di una casa dedicata alla musica d’autrice».

In questo tempo sospeso, dominato da incertezze e paure, ci vuole coraggio per avviare un progetto come il suo, ampio e pronto a generare a sua volta molti altri progetti. Cosa l’ha spinta?

«La necessità di trovare un posto con regole chiare, a misura di persona e la voglia di ricominciare, ancora una volta, alzando l’asticella. Pavese dice: “È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, a ogni istante”. Questo mi ha mosso e ha generato l’album che inaugura “Musica di seta».

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