Morti d’amianto allo zuccherificio, a Russi l'Inail porta a giudizio Eridania

I dipendenti
Otello Babini dentro l’Eridania di Russi ci ha lavorato per una vita intera. Prima come avventizio, dal 1966 al 1969, e poi con un contratto a tempo indeterminato fino al 1995. Inserito nel reparto “Confezionamento piccolo imballo”, il ruolo di Babini era quello di manutentore delle macchine cubettatrici per lo zucchero, coibentate con l’amianto, e delle linee di copertura del capannone, sempre coibentato con l’amianto. Per anni quelle polveri si sono insinuate nei suoi polmoni, fino a quando non si sono tramutate in un mesotelioma pleurico, che nel febbraio del 2008 lo ha condotto alla morte.
V. B. era invece un meccanico nel reparto turbine, dove ha lavorato dal 1974 al 2003. Anche per lui gli anni di esposizione all’amianto presente nelle guarnizioni, nelle tubature e nei corpi di evaporazione sono stati altamente nocivi. Nel 2012 gli sono stata infatti diagnosticate la presenza di placche pleuriche e di un’asbestosi polmonare. L’Inail, che nel processo si è costituita parte civile con l’avvocato Gianluca Mancini, oltre a chiedere il rinvio a giudizio per l’indagato e il riconoscimento del responsabile civile, ha presentato anche i costi sostenuti per i due lavoratori. Si tratta di oltre 400mila euro per la rendita riconosciuta ai familiari di Babini, a cui si aggiungono gli altri 3mila per la malattia di Barzanti.
Le responsabilità
Secondo la procura tutto ciò si sarebbe verificato perché l’allora direttore Ferraresi, difeso dall’avvocato Federico Brausio (legale anche dell’Eridania), non avrebbe adottato tutte le misure tecniche, organizzative e procedurali per il controllo del rischio di inalazione delle polveri killer. Oltre a non fornire informazioni sui rischi dell’amianto e le protezioni adeguate.