Moda, il Gruppo Aeffe supera i risultati pre Covid

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Con ricavi consolidati pari a 352 milioni di euro, la riminese Aeffe ha archiviato il 2022 con un risultato che l’ha portata a superare i confini del pre-Covid. Un traguardo non da poco per un brand della moda, dato che il settore è stato tra i più colpiti dalla crisi sanitaria prima e da quella economica poi. Ora però Massimo Ferretti - presidente del gruppo che ha in portafoglio marchi come Alberta Ferretti, Moschino, Pollini e Philosophy di Lorenzo Serafini - è pronto a concentrarsi sulle sfide future, che parlano di rafforzamento dell’export e di sostenibilità.

Il biennio 2020/21 è stato piuttosto complesso per il mondo della moda. Quali sono state le sfide principali che avete dovuto affrontare? E quali strategie avete adottato per venire fuori dal momento?

«Il biennio 2020/21 ha messo il mondo dell’imprenditoria davanti a sfide che non avremmo mai immaginato. In primis, abbiamo dovuto provvedere alla sicurezza sanitaria dei nostri dipendenti, poi abbiamo messo in atto una strategia di resilienza che ha permesso di superare le difficoltà contingenti grazie all’implementazione di showroom virtuali per i clienti che non potevano spostarsi, al rafforzamento dell’e-commerce e alla realizzazione di sfilate virtuali. Allo stesso tempo abbiamo guardato oltre i nostri orizzonti e gettato le basi per operazioni strategiche come l’acquisizione del 100% del brand Moschino, oltre alla distribuzione del brand in Cina che si è realizzata nel 2021».

I risultati 2022 mostrano una solida ripresa economica di Aeffe. Come si è centrato l’obiettivo? E questo percorso di “adattamento forzato” ha imposto dei mutamenti nella supply chain?

«I numeri testimoniano la volontà dell’azienda di crescere in un contesto mutevole e pieno di insidie; il fatto di aver superato il fatturato 2019 dimostra una grande forza di reazione di un gruppo italiano che ha deciso di investire nel proprio futuro e nel futuro dei propri brand. Siamo sicuri che questi investimenti rappresenteranno una nuova linfa, che certamente ci aiuterà ad adattarci rispetto al contesto macroeconomico globale. Per quanto concerne la nostra supply chain, non è cambiata, ma manteniamo uno stretto rapporto con i fornitori per capire come integrare, nella relazione, i mutamenti legati all’evoluzione delle condizioni economiche. In ogni caso cercheremo di contenere al minimo gli aumenti di prezzo generati dalle spinte inflazionistiche».

Interessante è il boom del mercato retail (+22,6%). Il wholesale rimane il vostro business principale, ma il retail è quello su cui volete puntare sempre più per il futuro?

«La nostra attenzione al wholesale non è mai venuta meno, ma naturalmente il contributo legato all’acquisizione della distribuzione Moschino in Cina è stata importante e potrà esprimere un contributo crescente in futuro. L’acquisizione riguardava 21 punti vendita precedentemente in mano al nostro partner storico Scienward Fashion and Luxury. Sicuramente la presenza retail dei brand dovrebbe rafforzarsi negli anni a venire. Mentre dovremo accelerare sul processo dell’omni-canalità per soddisfare un livello crescente di servizio al cliente».

Tuttavia, proprio il mercato cinese è il solo che ha mostrato segni di contrazione. Come vi state muovendo?

«Come dicevo, la nostra presenza su questo mercato si è rafforzata, ma allo stesso tempo questo ha coinciso con la politica “tolleranza zero” del governo cinese rispetto al problema Covid. Questo ha impattato sulle vendite 2022, ma con una presenza retail gestita dalla filiale di Hong Kong, il Capodanno Cinese e la progressiva uscita dalla pandemia, confidiamo di poter recuperare già a partire dal 2023».

Oltre al consolidamento di quanto già esiste, quali sono i Paesi che vedete come a maggior potenzialità per aprire o ampliare il vostro business?

«Continuiamo a ritenere centrali l’Europa, gli Stati Uniti, dove cresciamo, e il Middle East, dove stiamo implementando la nostra presenza attraverso l’apertura di boutique in franchising e shop-in-shop».

Voi avete sempre mantenuto la vostra collocazione in Romagna, è una mera questione di campanilismo, o ci sono delle peculiarità di questo territorio che rendono strategica la permanenza qui?

«Sì, la nostra azienda è fortemente radicata nel territorio, anche se siamo presenti con filiali a Milano, Parigi, Londra, New York e Hong Kong. Mia sorella Alberta ed io viviamo qui, a pochi minuti dall’azienda. Penso che la Romagna sia una terra straordinaria, ricca di storia e di cultura, ma anche di una grande tradizione imprenditoriale, che vede la presenza di retailers qualificati di altissimo livello. Credo che ciò che rende vincente il nostro territorio sia il connubio speciale di operosità, dinamismo e radicamento».

Veniamo ad uno dei temi cardini del presente: la sostenibilità. Cosa fate voi in concreto?

«Già in passato il tema ha raccolto la nostra attenzione, tanto è vero che disponiamo di 5.260 metri quadrati di impianti fotovoltaici tra Aeffe e Pollini. Alberta Ferretti già diversi anni fa è partita con un progetto di capi ecosostenibili in collaborazione con l’attrice americana Emma Watson, e negli anni successivi ha mantenuto in collezione materiali riciclati. Con Pollini, invece, abbiamo avviato un bel progetto dall’autunno/inverno 2022 in collaborazione con l’Antica Valserchio, per raccontare una storia di artigianalità e tradizione ma con un approccio sostenibile. Posso comunque anticipare che la presenza di capsule sostenibili sarà garantita anche nel 2023. Per quanto riguarda Moschino: già da diverse stagioni i tessuti con cui sono realizzati i capi più venduti sono organici ed un’attenzione particolare è stata dedicata anche ai trattamenti a risparmio di acqua per stampe e denim. Nel caso di Philosophy, Lorenzo Serafini è sempre stato sensibile al tema dell’upcycling, sul quale sta lavorando».

Aderirete al passaporto digitale?

«Il tema è complesso, perché impatta anche la filiera, e di estrema attualità. Verrà affrontato a breve, in quanto specialmente le nuove generazioni chiedono un’informativa completa e trasparente sui materiali e le lavorazioni che i capi veicolano.

Quanto il tema del riuso, invece, si può davvero sposare con quello di moda?

«Se parliamo di pret-à-porter e non di “fast fashion” è più sensato ragionare in termini di qualità dei materiali, di livello delle condizioni di lavoro nei luoghi di lavoro, di inclusività. Per il nostro business l’atteggiamento più opportuno da considerare sarebbe la “durata” dei capi che possono accompagnarci per diversi anni».

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