Ritornare a se stessi, vivere a contatto con la natura, seguire il ritmo delle stagioni dell’anno e della vita e considerare la solitudine, l’immaginazione e lo stupore come risorse che possono offrire nuovi punti di vista e nuove opportunità. Questa l’esperienza che Michele Marziani racconta nel suo ultimo libro, “La cura dello stupore”. Se ne parla oggi dalle ore 18 alla libreria Feltrinelli di Rimini. Michele Marziani, scrittore riminese, nel 2016 ha deciso di andare a vivere in alta montagna, in Valsesia, alle pendici del Monte Rosa.
Marziani, è di questo suo passaggio di vita che parla il libro?
«In parte sì. “La cura dello stupore” mi è stato chiesto dall’editore Ediciclo come una sorta di piccolo trattato che partiva dall’idea che durante il primo lockdown da Covid mi trovassi nella condizione di avere intorno una natura capace di compensare ampiamente lo spaesamento in cui vivevamo tutti. L’ho raccontato in una telefonata a Lorenza Stroppa che oltre ad essere una brava scrittrice è la editor di Ediciclo e lei mi ha detto: “Questa cosa devi raccontarla”. Così, io che normalmente scrivo storie, romanzi, mi sono ritrovato a rimettere in fila una serie di appunti, utilizzando me stesso come protagonista. Per questo quando devo presentarlo vengo colto da una sorta di pudore (a chi dovrebbero mai interessare i fatti miei?) e finisco per parlare d’altro».
Accadrà così anche alla Feltrinelli di Rimini?
«Spero di no, perché è un libro al quale tengo molto anche se così lontano dai miei altri titoli. E alla fine mi piace portarlo in giro perché è sempre un modo per incontrare i lettori. Che a volte sono molto diversi da quelli che seguono i miei lavori di narrativa».
“La cura dello stupore” ha avuto già un precedente in un altro piccolo saggio, “Il suono della solitudine”.
«Certi temi ritornano. Ma mentre “Il suono della solitudine” voleva solo essere l’occasione di vedere la vita da soli non come isolamento ma come opportunità, “La cura dello stupore” cerca di avere un respiro più universale, collettivo. Contiene quello che promette il sottotitolo, ovvero “Appunti sull’arte di cavarsela e star bene con se stessi”. In più è un libro sulla lettura e sulla scrittura. Su come questi elementi possono migliorare la vita».
Ha intenzione di proseguire su questa strada della “piccola” saggistica filosofica?
«No, il prossimo libro sarà sicuramente un romanzo. Il mio mondo è la narrativa, mi trovo sempre un po’ scomodo nella realtà senza il filtro dell’invenzione».
Infatti nel suo libro estremizza l’idea dell’invenzione dicendo che essere bugiardi è importante…
«Per bugiardi non intendo disonesti, ma semplicemente capaci di rendere la vita più colorata, iperbolica, immaginata e immaginaria. D’altra parte Federico Fellini si definiva il grande bugiardo. Credo sia la parte riminese che porto con me con maggior piacere».