Una cinquantina di cooperative allagate nella provincia di Ravenna, una trentina a Forlì-Cesena, il resto nel riminese, per un totale di un centinaio di imprese associate a Legacoop Romagna, con un valore della produzione di oltre 5,4 miliardi di euro e 20mila lavoratori. Quarantotto milioni di danni diretti già stimati solo nel comprensorio ravennate - da Conselice fino a Cervia - e decine di altri ancora da accertare. Tra questi prevalgono quelli al comparto agricolo ormai in ginocchio in tutte le sue filiere, dall’ortofrutta, alle sementi, al settore vitivinicolo. I terreni delle cooperative agricole braccianti, che per metà (6.000 ettari, l’equivalente di 9.000 campi da calcio) sono stati sommersi dalle acque. Ma Paolo Lucchi, presidente di Legacoop Romagna, spiega che non è solo l’agricoltura il problema.
Qual è la situazione?
«Oltre all’agricoltura soprattutto nel ravennate ma non solo sono stati coinvolti grandi stabilimenti produttivi, officine e magazzini. Per ora nell’area più colpita, abbiamo stimato 48 milioni di danni diretti, ma i conteggi sono in corso e la cifra salirà sicuramente, forse più del doppio. In provincia di Ravenna parliamo di cooperative che nel 2021 avevano sviluppato un valore della produzione di 2,1 miliardi di euro e hanno 8mila dipendenti. Penso a quelli della Copura e della Cormec a Fornace Zarattini, della Icel di Lugo, della Fruttagel al Alfonsine e della Deco di Bagnacavallo. L’Esp è stato allagato, così come molti supermercati. Non si sono salvate case del popolo, cooperative delle costruzioni, meccanica, turismo. A Faenza è andato distrutto un nido della Zerocento. Si è salvato pochissimo».
A Forlì-Cesena e Rimini?
«A Forlì-Cesena la situazione è parzialmente migliore negli stabilimenti produttivi, ma centinaia di soci produttori delle cooperative agroalimentari e sementiere hanno avuto danni irreparabili e ingenti, che è difficile quantificare perché nessuno sa come si comporteranno le piante dopo essere rimaste allagate per settimane. Molto probabilmente perderanno tutto. A Cesena si è allagato il cantiere del Caps di Conscoop, a Forlì l’intero Parco urbano è ridotto a un acquitrino. Nel riminese i problemi più grandi li hanno avuti le cooperative di pescatori. Questi sono i dati diretti».
E i danni indiretti?
«Faccio alcuni esempi. Nel settore dell’autotrasporto saranno migliaia i camion che non trasporteranno frutta, e verdura. Mancheranno frutta, verdura e latte da trasformare. Si produrrà meno vino perché mancherà parte dei conferimenti di uva. I supermercati dovranno comprare i prodotti da altri territori, con costi e qualità ben diversi».
C’è anche un problema occupazione?
«C’è già chi sta attivando la cassa integrazione. In agricoltura saranno migliaia i lavoratori agricoli che dovranno fare i conti con una riduzione drastica di giornate di lavoro, che significherà impoverimento diffuso».
Siete pessimisti?
«I cooperatori sono realisti e stanno con i piedi per terra come si fa in Romagna. Noi ci stiamo già rimboccando le maniche, perché qui si fa così, ma questa volta abbiamo bisogno di aiuti reali e rapidi dal Governo, soprattutto per rifondare il settore agricolo e tutto quello che è legato a export e Made in Italy».
Cosa potrebbe fare di più il governo?
«Le aziende romagnole partono svantaggiate rispetto al costo del lavoro di altre zone del Paese. Sarebbe l’occasione per intervenire fiscalmente. Non basta la sospensione del pagamento dei contributi, bisogna azzerarli per tutto il 2023».
Di chi è la responsabilità di questa catastrofe?
«Del clima che cambia per mano dell’uomo e di un territorio che va completamente ripensato. Dobbiamo usarne meno e meglio. Ora serve un piano per la ricostruzione, la manutenzione e la messa in sicurezza».