Longiano, la coreografa e danzatrice Teodora Grano al Petrella

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Va in scena oggi alle 18, teatro Petrella di Longiano, una prova aperta di un progetto di nuova danza, nell’ambito di Vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi. A portarlo in scena è Teodora Grano (1987) da Fiesole, ora a Ferrara, da giorni in residenza creativa al Petrella. Teatro in cui ritorna dopo avere presentato nel 2020 “Manifesto cannibale” con Collettivo Cinetico. «Compagnia – dice Teodora – con cui collaboro da anni, per me casa». Il nuovo progetto si chiama Daughters (Figlie) ed è al momento in una fase primordiale, il debutto è atteso fra un anno almeno; per ora la danzatrice indaga ancora l’azione con il sostegno di “Supporter” di Cantieri Danza/Rete Anticorpi, progetto triennale di sostegno all’autorialità. Dal 2022 al 2024 l’artista toscana viene accompagnata nella ricerca da questa cordata istituzionale attraverso più residenze artistiche. Una modalità di lavoro a lei congeniale. Ci dice infatti: «Il mio progetto nasce vocato alla pluralità, cioè a una ricerca che si instaura insieme agli altri, non solo nella solitudine creativa dell’autorialità, ma nell’alleanza compositiva in rapporto con altri artisti, mentori, operatori. Per me è fondante, perché la mia posizione sull’atto di creazione è antisolitaria, frutto di relazioni molteplici, non tesa a creare una unicità originale e compiuta».

Da cosa nasce questo “Figlie”?

«Il tema verte sul concetto di essere figlie. La scintilla parte da vicende biografiche, personali, dal mio essere in questa relazione di rapporto ma fuori dal progetto biologico, avevo una figlia di cui non sono madre, figlia del mio ex compagno. Il rapporto di costruzione è frutto di una relazione dal basso perché sono le convivenze, gli eventi, che ci scrivono. Il mio Daughters tratta la vicenda in maniera delicata, opaca, procede per aperture di pensieri che fioriscono, è un lavoro, un solo, che sta nel corpo».

Cosa vuole indagare?

«Tratta della relazione tra scrittura e danza come due distinti corpi, in qualche modo come una fusione tra testo e sensualità che porta al concetto di scrittura come a un organo di senso, e come a una relazione tra corpi. Vuol essere il muoversi in uno spazio di ambiguità, tra semantica e sensibilità».

La parola diventa un secondo corpo?

«Sì, è un dialogo tra due corpi, il corpo della parola e il corpo in carne. La parola in questo caso è visiva, viene proiettata. La mia intenzione era di collocare nello spazio, come corpo, una materia dalla natura più effimera e visibile, così la parola viene letta come il corpo viene letto, in una ricerca costante sul leggere e lo scrivere».

La parola diventa coreografia?

«Il progetto è partito con questo desiderio: scrivere una coreografia per un corpo non puramente umano, ma fatto di parola. È un linguaggio che apre molte altre finestre; in questo caso la mia lente focale si sofferma su come la parola riscrive un corpo, come lo fa rileggere, come si sposta lo sguardo di chi da fuori osserva e legge. Mi interrogo su quale danza degli occhi avviene all’interno di questi processi. È anche un dialogo di poteri perché una parola scritta, visibile, comunicativa, ha un potere enorme essendo un nostro riferimento di comunicazione».

Cosa vede il pubblico nella sua performance?

«In questa fase iniziale procedo per tentativi, costruzione e decostruzione; si avverte però una forte componente di potere della parola rispetto al corpo. Mi interessa lavorare sulla zona liminale, in equilibrismo, collocando questi due corpi uno di fianco all’altro, in modo che le zone di intensità dialogano. Sono due presenze nello stesso luogo, che aprono un discorso comune. Più che un duetto, direi che è un paesaggio».

Quale tipo di danza esprime “Daughters”?

«Da un lato la danza è presenza in una relazione; dall’altro c’è una natura individuale, poiché il lavoro parla di una identità, di un io che ha una natura di ricerca tra un gusto infantile e punk del corpo. È un corpo con una grammatica acquisita in un secondo momento, e quindi ha un codice più caotico e disordinato. Secondo quella che è stata la mia formazione nella danza, arrivata dopo il teatro, dopo avere scoperto di avere un corpo, dopo averlo sperimentato nel circo contemporaneo. Così oggi la mia danza evidenzia punti mancanti e altri di forte intensità».

Le musiche originali sono di Massimo Pupillo. Euro 5.

Info: 0547 666008

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