Longiano, il caso Iozzi, morto in comunità: altro no dal tribunale e nuovo reclamo
Un nuovo no al processo per stabilire eventualità responsabilità colpose per la morte del 19enne Matteo Iozzi, avvenuta nella comunità terapeutica “San Luigi” di Longiano, che fa parte delle strutture della Papa Giovanni XXIII, il 13 luglio 2016. Il tribunale di Forlì ha detto no all’opposizione alla richiesta di archiviazione che era avvenuta con la motivazione che “non è possibile stabilire da quanti giorni stesse male e non ci sono elementi tali da poter muovere rimproveri colposi ai responsabili della struttura”. La madre Giusy Campioni si sta battendo per dimostrare che suo figlio si poteva salvare e ha ora presentato un reclamo che sarà discusso nei prossimi giorni. La vicenda giudiziaria è lunga e complessa. Nel 2019, viste le nuove testimonianze, il tribunale di Forlì ha acconsentito alla riapertura delle indagini. Ma poi è stata disposta l’archiviazione e anche l’opposizione della famiglia non è stata accolta. Ora va in discussione il reclamo, con il quale viene chiesto al tribunale di mandare tutto l’incartamento al gip, in quanto non sarebbero stati considerati una serie di argomenti. Matteo Iozzi, residente nella zona di Alessandria, aveva 19 anni. Il giovane pesava oltre 140 chili, era entrato nella comunità per perdere peso e sentirsi indipendente, voleva superare i problemi di depressione e iniziare una nuova vita. In passato aveva fatto i conti anche con il bullismo. Entrando in comunità voleva diventare un “casco bianco”. Ma dopo poco più di un mese dall’arrivo a Longiano il ragazzo muore. Secondo la madre per una serie di concause. Chiesti ulteriori approfondimenti sulla visita del medico di base, le interazioni tra farmaci, le prescrizioni mediche, i controlli in comunità e l’allerta dei soccorsi. Per la ricostruzione di parte l’assunzione di benzodiazepine sommata agli altri farmaci presi e allo squilibrio elettrolitico verificato nel paziente avrebbe portato a uno stato di torpore che avrebbe determinato una incapacità di reagire ai conati di vomito. Di qui il decesso. E per la famiglia Campioni - Iozzi ci sarebbe stato un comportamento omissivo o colposo da parte di qualcuno. Per il tribunale finora non è così. Giuseppina Campioni, madre di Matteo Iozzi, spiega: «Vorremmo comunque specificare che noi non ce l'abbiamo con la Papa Giovanni XXIII perché conosciamo le realtà di altre famiglie, viste con i nostri stessi occhi, aiutate e supportate da loro. Abbiamo toccato con mano la benevolenza dei loro interventi. Davano e danno ancora l'anima per le pietre scartate e ci togliamo tanto di cappello per quello che fanno e hanno sempre fatto con vero amore. Ma desideriamo anche che non un altro Matteo possa passare dalle mani di responsabili di quella singola struttura sotto il nome più grande della Papa Giovanni XXIII».