Lo scrittore Daniele Aristarco a Rimini per "Mare di libri"

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Daniele Aristarco, autore di racconti e saggi divulgativi rivolti ai giovani, con alle spalle numerosi premi, scritture per il cinema e la radio, laboratori di scrittura creativa, torna con “Perché ci ostiniamo a leggere (e far leggere) i classici” (Einaudi ragazzi), saggio dedicato alla tematica della lettura, che propone diversi stratagemmi finalizzati ad avvicinare ai capolavori della letteratura.

Aristarco, che tipo di lettore è stato?

«Mi è sempre piaciuto ascoltare e inventare storie. La lettura è diventata un’abitudine intorno agli 8 anni e ha cominciato ad allagare la mia esistenza intorno agli 11 anni, quando ho prodotto i primi spettacolini teatrali, ho cominciato a raccogliere i miei racconti e coinvolgere gli amici in cortometraggi. Se la lettura è stata una pratica solitaria, la scrittura e la messa in scena sono stati sempre un gioco circolare. E una passione ha nutrito l’altra».

Quale era il suo rapporto con i classici?

«La mia formazione è avvenuta nelle biblioteche pubbliche, alla fine degli anni Ottanta non ancora così attente alle novità. Per i primi dieci anni della mia vita da lettore mi sono concentrato sui classici, che mi hanno condotto ai primi viaggi, alla ricerca dei luoghi che mi avevano colpito: la Praga di Kafka, la Parigi dei surrealisti, la Procida di Elsa Morante. Ancora oggi, i luoghi dei libri sono uno strumento potente per fare entrare i giovani in relazione con scrittrici e scrittori».

C’è nella didattica odierna una maggior consapevolezza verso le esigenze del singolo?

«La scuola è una realtà discontinua, che diventa significativa quando coloro che l’abitano condividono scopi, li riformulano assieme e si lasciano guidare dalla curiosità. In questo senso, in alcuni casi si sono fatti grandi passi avanti. I giovani sanno come e dove trovare ciò che desiderano, noi dobbiamo fornire strumenti e occasioni utili a formulare una loro idea morale. Dobbiamo quindi condividere esperienze, metterci in ascolto, decifrare assieme il mondo con la consapevolezza che i ragazzi e le ragazze affrontano un mondo che non conosciamo e dovranno governare un futuro che non abiteremo. Abbiamo da offrire sensibilità e conoscenze, condividendo risorse e il passato è certamente una tra le più preziose: le grandi narrazioni, in questo senso, rivestono un ruolo importante».

Alcune opere del passato oggi «ci indignano o ci feriscono perché […] sono frutto di una mentalità» lontana. Da dove nasce l’esigenza di epurare grandi autori da ideologie o termini sconvenienti (pensiamo alla “questione Dahl), senza invece pensare che – come sottolinea – «le storie lontane […] risultano utili a riflettere su noi stessi, sui cambiamenti intervenuti nella nostra società o su quello che resta immutato»?

«Spesso quel rifiuto equivale al desiderio di sottrarsi allo studio e all’impegno necessari per affrontare l’opera che, nel caso dei classici, impone letture e riletture critiche. Più in generale, quella paura appartiene a una parte della società, che prova la stessa difficoltà di fronte al presente. Un senso di inadeguatezza, la mancanza di curiosità e una certa disistima nei confronti del mondo giovanile fanno il resto. Wilde scrisse: “Non esistono libri morali o immorali, esistono libri scritti bene o scritti male”. Parafrasando, potremmo dire che non esistono “classici”, ma buoni libri che il tempo ha selezionato o selezionerà, e prodotti di consumo destinati a essere dimenticati. Se decidiamo di non accompagnare i giovani verso il teatro di Shakespeare o le novelle di Pirandello, come possiamo poi mostrare loro “Guernica” o il “Giudizio universale”, un grand canyon oppure i resti fossili di Lucy?».

Nel pomeriggio (ore 15, sala circolare, ala nuova Museo della città), nell’ambito di “Mare di libri”, terrà un laboratorio con un gruppo di lettura young, incentrato su “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen (ne seguirà un altro domenica, incentrato su “Il ritratto di Dorian Gray”). Con quale emozione affronta questo appuntamento?

«Partecipare è sempre un onore, una responsabilità e un’occasione di confrontarsi con giovani competenti e appassionati. Ragioneremo su due classici scelti dalle ragazze e dai ragazzi e, partendo dalle loro impressioni, curiosità e osservazioni, proveremo a comprendere cosa li rende “classici”. Poi, come l’anno scorso, concluderemo con un gioco: per alzata di mano, valuteremo se meritano ancora di far parte del canone. Posso dire che non vedo l’ora?».

Daniele Aristarco, “Perché ci ostiniamo a leggere (e far leggere) i classici”, Einaudi ragazzi, Trieste, 2022, pp.77, euro 12

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