Si è conclusa dopo sei giorni intensi di coaching e masterclass, la quarta edizione del Concorso Rudolf Noureev al teatro Galli di Rimini e culminato con la serata “Nureyev. New Generation Friends-2023_Gala”. Della giuria, che ha decretato i vincitori e assegnato i premi, ha fatto parte, anche quest’anno, la star internazionale Luciana Savignano, etoile del Teatro alla Scala di Milano e del Ballet du XXe siècle di Maurice Béjart.
Come ha vissuto il gala e il concorso?
«Sono sempre emozionata quando vedo un livello alto e in questi due giorni, in cui ho assistito alle lezioni, sono rimasta molto colpita. Il Maestro è fantastico, con un insegnante di questo calibro non possono che formarsi allievi di livello, che rispondono molto bene alle esigenze di chi insegna. Ho visto gli allievi in sala, la prova del nove ora sarà vederli in scena».
Lei era già stata a Rimini, com’è rivivere quest’esperienza?
«Per me ogni volta, questa è la terza, è come un ritorno a casa. Mi piacciono il clima, l’atmosfera, l’ambiente, le persone che ci lavorano e che rendono possibile questo evento. Sono molto contenta di essere qui.»
Lei che ha così tanta esperienza, che consigli si sente di dare ai giovani ballerini?
«Penso che dare consigli sia la cosa più difficile, poiché ognuno costituisce un caso a sé. Quello che posso dire è che è importante studiare, avere molta tecnica, senza mai dimenticare che la danza non è uno sport, ma un’arte e che in quanto tale va coltivata, seguendo sempre con passione tutto ciò che si fa e che si impara. Il segreto, secondo me, è dare un senso a quello che si fa, mettendoci anima e trasporto».
Lei è stata partner di Noureev, com’è stato lavorare con lui?
«Io purtroppo non ho lavorato molto con lui poiché avevamo stili diversi. Qualcosa però ho certamente fatto e soprattutto ho assistito molto alle sue prove e ho partecipato ai suoi spettacoli. Noureev è stato un personaggio unico, aveva molto carisma, un qualcosa di speciale, che si percepiva non appena entrava in scena. Ricordiamo ad esempio la sua entrata in
Giselle, in cui non ballava, camminava semplicemente, ma aveva quel modo di porsi unico che è rimasto il top del top.»
Quali pensa siano i maestri che ogni allievo dovrebbe portare nel suo bagaglio di studio?
«Non c’è una regola per queste cose, dipende molto da come ognuno sviluppa il suo percorso. È importante avere esperienze varie, ma non ce ne deve essere una in assoluto. Personalmente ho vissuto un’esperienza importantissima con Béjart, che mi ha arricchita e mi ha formata. L’importante comunque è vedere spettacoli, seguire i maestri, ancora oggi ce ne sono molti bravi e con umiltà cercare di imparare».
Com’è lavorare con i suoi colleghi giurati?
«Sono gli stessi di ogni anno, che io incontro con grande piacere. Hanno tutti un ottimo bagaglio perché arrivano dall’Opera di Parigi. Oltre ad avere un altissimo livello professionale sono anche delle persone molto umane e questo è molto importante».
Ovviamente quella del ballerino professionista è una carriera impegnativa, quali possono essere le difficoltà a cui si va incontro intraprendendo questo tipo di percorso?
«Più che lati negativi posso dire che può capitare che ci si demoralizzi, perché ci sono la fatica fisica, la fatica morale e quella mentale. Però se uno crede in quello che fa deve perseguire ciò che lo anima, deve mantenere accesa la fiammella e non permettere che si affievolisca mai».