Kibbutz Contemporary dance company a Ravenna con "Asylum"
Lasciarsi alle spalle lo strazio del male e aprirsi a un’umana bellezza che nasce dalla danza. È quanto fece l’israeliana Yeudith Arnon che, di famiglia sefardita, sopravvissuta diciottenne all’Olocausto anche per le sue doti ginniche, fondò nel 1973 sulle colline della Galilea vicino al Libano la Kibbutz Contemporary dance company, in un luogo in cui sviluppò un “Villaggio internazionale della danza”. Guidò la sua compagnia fino al 1996 per poi affidarla a Rami Be’er (1957) che sin da ragazzo si era imbevuto della danza appresa da Yeudith. La Kibbutz Contemporary dance company arriva al teatro Alighieri di Ravenna dove, stasera alle 20.30 e domani (domenica 5 marzo) alle 15.30, presenta la creazione di Rami Be’er “Asylum” (2018).
La socialità collettiva del kibbutz si esprime nella coralità dei 18 danzatori che agiscono sul palco all’unisono, pur ciascuna/o nella propria unicità espressiva. Nonostante sia nato prima del covid e da necessità di un profondo sentire di Rami, “Asylum” è lavoro tanto più attuale a un lustro di distanza, dopo gli accadimenti mondiali e il recente, atroce, naufragio di chi implorava “asilo”. Lo stesso coreografo è partito, per questa creazione, dalla sua personale esperienza di figlio di sopravvissuti portandola all’attualità dei tempi. I suoi danzatori si muovono in scena con inesauribile energia, con movimenti precisi che rimandano a quelli militareschi (anche Rami ha fatto il servizio militare), ma liberi di sciogliersi in una estetica di fascino. Hanno corpi e volti eloquenti che gridano rabbia, che possiedono un istinto di sopravvivenza che si esprime nella ricerca di un luogo di pace, dover riprendere un respiro sereno.
«Provenendo da una famiglia che conta sopravvissuti all’Olocausto, sento il concetto di “asilo” molto vicino – ha dichiarato Be’er –. Ma non intendo “Asylum” come un posto, bensì come uno spazio. È uno stato interiore dove le persone possono trovare casa, speranza, appartenenza, identità». La coreografia comprende 18 danze che manifestano altrettanti modi di intendere il concetto di rifugio. I corpi in scena si abbracciano, si respingono, si muovono in unicum. Con un flusso di movimenti che segue le percussioni della colonna sonora ideata dal coreografo con Alex Claude. Nella danza di Rami si avvisano movimenti che affondano nelle radici di Israele, e pure si ispirano alla tradizione europea e a influenze americane; l’estetica modella corpi di energica tensione, sensualità, ironia.
Info: 0544 249244