Begonio è una piccola marionetta sperduta in un bosco oscuro alla ricerca di una via d’uscita dalla sua condizione, di una nuova auspicabile e speranzosa libertà. Sarà la forza del suo desiderio a offrirgli l’opportunità di una diversa visione della realtà intorno, e quindi del mondo.
“Insulo de la Rozoj”, il nuovo singolo degli Ear estratto da “Exousia”, è un omaggio all’Isola delle Rose, visionario progetto di micro Stato indipendente che prese vita nel 1968 al largo delle coste romagnole, e sulla cui storia è uscito a inizio dicembre anche un film prodotto da Netflix.
“Insulo de la Rozoj” è il nome in esperanto dell’Isola delle Rose.
Begonio è il protagonista anche del cortometraggio girato nei lidi ravennati che accompagna il brano. Ne abbiamo parlato con Cristiano Sapori, faentino di nascita (Castel Bolognese) e forlivese d’adozione, leader degli Ear e autore del brano e delle liriche.
Sapori, com’è nata l’idea di questo nuovo singolo?
«Amo le marionette fin da quando sono piccolo. “Insulo de la Rozoj” – fra le canzoni di “Exousia” – è verosimilmente quella a cui sono più affezionato: dentro a quei quattro accordi che girano all’infinito e in quelle poche parole cantate sottovoce che galleggiano in un’atmosfera rarefatta di suoni, ritrovo davvero tanto di me. Qualcosa che appartiene alla mia storia e che avevo il desiderio di poter raccontare proprio in questa forma: fondendo la musica degli Ear con l’arte del teatro, se così si può dire».
Perché avete deciso di rendere omaggio all’Isola delle Rose?
«Vidi il documentario di Cinematica sull’Isola delle Rose circa una decina di anni fa. Rimasi affascinato dalla storia della micronazione costruita al largo della costa di Rimini. Ma ancora di più fu la figura dell’ingegner Giorgio Rosa ad attrarmi e ispirarmi: la potenza e la forza del suo sogno, del suo desiderio profondo, le trovavo cariche di fascino e andavano raccontate».
Il singolo è estratto da “Exousia”, ci spiega il titolo?
«Ho scoperto questa parola e il suo significato dalla lettura del libro “Dialogo tra credenti e non credenti” di Papa Francesco ed Eugenio Scalfari. Si tratta di una parola greca, attestata nel
Vangelo di Marco, di difficile traduzione. In un qualche modo ha a che fare con “ciò che proviene dall’essere”. Cito: “Qualcosa che emana da dentro e che si impone da sé”».
Protagonista del video è Begonio che di fatto è una marionetta. Perché proprio lui?
«La malinconica espressività di Begonio, così viva, mi dà l’idea di poter comunicare sentimenti profondi dell’animo umano».
Nel corso del film vediamo Begonio alla ricerca di se stesso e della propria libertà. Da chi e da che cosa si sente incatenato?
«Direi dalle sue proprie paure e angosce. Dalle incertezze. In breve da ciò che costituisce la fragilità di ogni individuo».
Begonio è cosciente delle proprie fragilità e questo lo porta a un confronto con sé stesso. In che modo?
«Begonio diventa cosciente della propria fragilità. Il suo è un percorso: solo quando il suo sguardo entra in connessione con la propria anima il bosco oscuro acquista un diverso significato, e lo stesso Begonio diventa interprete di qualcosa di nuovo: il bruco, poi la farfalla, la bellezza del mare infinito. Un orizzonte da esplorare. Quelli che inizialmente sembravano minuscoli dettagli insignificanti, diventano ora l’embrione di progetti più grandi».
Secondo lei siamo un po’ tutti Begonio? Perché?
«Quando mia moglie ha visto il video, con un sorriso mi ha detto: “Begonio sei tu”. Io, ovviamente, avevo visto il video un milione di volte insieme ad Andrea (Barlotti, l’altro membro degli Ear,
ndr) e al regista Massimo Garavini, ma non mi ero mai soffermato a pensare a me. Capisco che possa sembrare assurdo: e credo che la magia sia proprio in questa verità. La parte inconscia e profonda di me che ha voluto raccontare tutto questo. Begonio sono io, certamente. E anche quella storia sono io. Se è vero che l’arte possiede un linguaggio universale, allora chiunque entri in connessione con Begonio può trovare un’intima corrispondenza».
Affronta diverse tematiche con questo singolo, come il fare i conti con noi stessi e le nostre ombre, la paura e la fiducia, le tenebre e la luce, la solitudine e poi il conforto. È come se ognuno di noi, esattamente come Begonio, avesse in sé una dicotomia costante, è così?
«Sì, credo proprio che sia così. Il tema della ricerca della felicità – a mio avviso – è strettamente legato a quello della coscienza della propria fragilità. In un mondo in cui siamo circondati da supereroi, tutti invincibili, belli, spensierati e senza difetti, compare Begonio. Chi dice la verità secondo voi?».
Cosa spera di fare arrivare a chi ascolterà il singolo e vedrà il corto?
«Un pensiero? Un minuscolo brivido? Un sorriso inaspettato? E alla fine, magari, solo un po’ di compagnia».