Il terremoto dell’agosto 1916: paura, sofferenza e solidarietà
1916. L’Italia, a fianco dell’Intesa, è in guerra contro gli Imperi centrali. La situazione riminese, dopo i bombardamenti austriaci dal mare e dal cielo e le ristrettezze economiche che deve sopportare, è estremamente angosciosa. A renderla ancora più critica ci pensa il terremoto. Un primo sussulto sismico si avverte nel pomeriggio del 17 maggio. La gente, spaventata, si riversa per strada e sulla spiaggia. Il 15 e il 16 agosto arrivano nuove e più violente scosse telluriche che provocano quattro morti, numerosi feriti e gravissimi danni agli edifici del centro storico. Il Corriere Riminese per quantificare le proporzioni della sciagura il 27 agosto 1916 riferirà: «Si può affermare che in città non vi è fabbricato che non abbia sofferto, eccetto quelli costruiti nei quartieri nuovi, che sono rimasti intatti, e così pure tutte le ville numerose ed eleganti che si estendono lungo la nostra marina». Più tardi, quando le statistiche rilevate dall’Ufficio tecnico comunale diretto dall’ingegnere Urbani comunicheranno i dati del sisma, si avrà la vera dimensione della calamità: 615 edifici demoliti, 229 puntellati, 2.112 riparati. Il terremoto costringe numerose famiglie ad abbandonare la propria casa disastrata o pericolante e a chiedere ospitalità nelle ville vuote del litorale. In questa difficile circostanza l’opera del benemerito corpo dei pompieri, guidato dal comandante Elia Testa, è ammirevole. «Senza risparmiarsi – testimoniano i giornali dell’epoca – corrono da tutte le parti ove è segnalata la necessità», dividendosi «in cento, in mille per portare soccorsi». Il Corriere Riminese con poche righe ci dà i ragguagli del lavoro svolto: «... Subito dopo il disastro, squadre formate da guardie-pompieri, soldati-pompieri e di rinforzo con i carri attrezzi di primo soccorso e con le scale aeree, al comando dell’Ispettore Testa, che in questa come in cento altre occasioni ha dato prova luminosa di coraggio, sangue freddo, abnegazione, abilità nei comandi e nella direzione, si diressero su tutti i punti maggiormente danneggiati. Dal giorno del disastro a tutt’oggi le dette squadre compiono un lavoro ammirevole di soccorso non risparmiando la loro attività in lavori lunghi ed a volte molto pericolosi. Vennero eseguiti numerosi abbattimenti di muri pericolanti, di cornicioni e di camini minacciati di cadere sulle vie e nelle piazze, sistemazioni di parti crollate che potevano danneggiare altri stabili, ricupero di masserizie, e di suppellettili dalle macerie, sgombro completo di molte case resesi inabitabili perché pericolanti, sgombro e demolizione di tetti e di soffitti, rimozione di macerie dai tetti e dagli interni, sistemazioni di parti di tetto pericolante. Chi ha seguito l’opera di questi bravi ed arditi pompieri ha potuto apprezzarli ed ammirarli...». Il sisma non risparmia le borgate e tra queste quella maggiormente colpita è Riccione. Seriamente danneggiati sono l’ospedale e l’asilo d’infanzia Ceccarini, l’ospizio marino Amati-Martinelli, l’Hotel des Bains, la chiesa di San Lorenzo, le antiche torri delle Fontanelle e della Trinità, il palazzo Graziani e la villa Pullè. L’asilo sarà demolito e ricostruito dopo la guerra; sulle rovine dell’Ospizio marino Amati-Martinelli sorgerà il Grand Hotel Riccione, mentre la chiesa di San Lorenzo in Strada sarà ricostruita ex novo. Anche nelle frazioni l’opera della compagine di soccorso riminese è encomiabile. Il Municipio nel maggio del 1917 conferirà «una medaglia ricordo alle squadre pompieri accorse a prestare servizio in occasione del terremoto (...) come ricordo e testimonianza della imperitura gratitudine riminese» (VGCR, seduta dell’8 maggio 1917). A chiusura dell’articolo ricordiamo che il precedente sisma di notevole entità abbattutosi nel riminese risale al 18 marzo 1875. In quel frangente una terrificante scossa di appena 8 secondi provocò danni ingentissimi. In piazza Giulio Cesare cadde addirittura la Torre dell’Orologio, mentre il Tempio malatestiano e diverse chiese subirono lesioni gravissime.