Il metaverso: in discussione l’organizzazione e i diritti
“Nella letteratura futurista e nella fantascienza, il metaverso è un’ipotetica interazione di Internet come un unico mondo virtuale universale e immersivo, facilitato dall’uso di cuffie per la realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR)”. Questa definizione classica di metaverso arriva da wikipedia, ma il termine ha acquisito maggior attenzione da quando è divenuto la “prossima rivoluzione” promessa da Mark Zuckerberg, il quale ci ha fatto entrare in uno schema che prevede, a breve, tastiere virtuali visibili indossando visori ottici con cui saremo collegati in video-riunioni su Teams e Zoom da ogni parte del mondo e dispositivi di scrittura totalmente virtuali, che proietteranno sui nostri occhi testi da condividere in tempo reale con i nostri colleghi, soltanto simulando il movimento delle dita e garantendo un passaggio automatico dalle mansioni lavorative, all’intrattenimento ed alle attività sociali.
Zuckerberg non scherza, quindi: si tratta di una rivoluzione vera, che impatterà su di un mondo del lavoro che pensa di essere uscito profondamente cambiato dalla pandemia, ma che – ancora quasi inconsapevolmente - è già alle prese con un’accelerazione simile a quella impressa ad un razzo indirizzato verso la Luna e condizionata solo dalla durata delle batterie e dalla loro miniaturizzazione.
Tutto bellissimo e modernamente affascinante, come lo tratteggia l’immaginifico Zuckerberg? No, perché, così stando le cose, le sfide del domani saranno (per persone ed aziende) certamente quelle dell’aumento della produttività e dei controlli sulla stessa, quelle collegate con il rispetto della privacy e con la necessità di avere momenti (ampi) nei quali chiunque sappia di poter contare su di un salvifico “tasto off”. Ma le democrazie dovranno soprattutto cimentarsi su un tema inedito: il rischio di stravolgimento dei diritti acquisiti (e scontati) dei cittadini. Perché il Metaverso favorirà anche un’ondata di creatività, con nuove applicazioni e nuovi lavori che non abbiamo mai nemmeno immaginato. Ed avrà un impatto positivo sull’ambiente e sul risparmio energetico, se è vero che milioni di persone potrebbero non doversi più muovere per andare al lavoro. Ma avrà anche (soprattutto) un impatto sui “diritti”: quelli al lavoro buono; alla relazione (quanto saremo davvero connessi tra noi come donne e come uomini, se la distanza fisica sarà sempre più ampia?); a retribuzioni derivate da contratti collettivi e non da accordi personali, frutto della nuova virtualità personalizzata del rapporto.
Insomma, ben venga il metaverso, anche perché pare inevitabile, ma strutturato nell’ambito di una coscienza personale e d’impresa che chiama in causa prima di tutto i valori della nostra classe imprenditoriale e di quella politica, con un avvertimento: trattasi di compito gigantesco e non di compitino da svolgere con un occhio agli ultimi sondaggi e l’altro alle successive scadenze elettorali.
* Amministratore delegato di Federcoop Romagna