Gli scatti di Ivo Saglietti in mostra alla No Limits di Rimini
Il fotoreporter Ivo Saglietti, classe 1948, ha speso la sua vita in giro per il mondo a documentare crisi, conflitti, pandemie tra America Latina, Medio Oriente, Africa, Balcani, per agenzie francesi, poi americane, e per l’editoria internazionale Newsweek, Der Spiegel, Time e The New York Times. Nel ’92 riceve il premio World Press Photo per un reportage su un’epidemia di colera in Perù, poi menzione d’onore nel 1999 per un reportage sul Kosovo, e di nuovo il premio nel 2011 per una fotografia su Srebrenica, Bosnia. Dal 2000 è membro associato dell’agenzia foto-giornalistica tedesca Zeitenspiegen Reportagen, per la quale si occupa di progetto sulle frontiere nel Mediterraneo e Medio Oriente. Molti i workshop che tiene tra Italia ed Europa. Uliano Lucas e Tatiana Agliani lo hanno inserito nella Storia del fotogiornalismo in Italia, uscita per Einaudi nel 2015.
Grazie alla Galleria No limits to fly, dell’architetto Moreno Mondaini, Rimini ha l’imperdibile occasione di poter visitare gratuitamente, fino al 27 aprile, la mostra personale di Saglietti, dal titolo Sotto la tenda di Abramo, chiamato a esporre il suo importante reportage dedicato al pacifista romano, Padre Paolo Dall’Oglio, e alla sua comunità monastica di Deir Mar Musa Al Abashi, nel deserto a nord di Damasco, del quale nel 2023 ricorrono i 10 anni dal rapimento non rivendicato, forse perpetrato dai terroristi del Daesh, avvenuto a Raqqa il 29 luglio 2013.
Le immagini in bianco e nero di medio formato, stampe argentiche 18x24 cm, sono state esposte per la prima volta a Roma nel 2004 alla Galleria Nazionale di Arte Moderna, e nel 2019 a Palazzo Ducale di Genova, confluite nel volume “Sotto la tenda di Abramo”, edizione Peliti Associati, 2006.
Qui nello spazio di via Bertola, 17, se ne può osservare una piccola porzione che restituisce il clima quotidiano respirato nella comunità cattolico-siriaca-ortodossa, risalente al VI secolo di tradizione cenobitico-eremitica, dove il pacifista italiano lavorava per il dialogo e la convivenza interreligiosa, attivismo che gli ha causato l’ostracismo del governo siriano.
Di Saglietti si dice che appartenga a quella “nobile schiera” di fotografi per i quali è importante entrare emotivamente in contatto con i soggetti, intessendo rapporti umani, e addentrandosi con etica ed empatia nella realtà che essi vivono. Ciò che al reporter interessa raccontare «è l’uomo e il suo destino – scrive Gigliola Foschi, nella prefazione al libro “Dalla parte dell’ombra”, Mondadori Electa, 2007 –, partecipando alla sofferenza altrui, con discrezione e rispetto, sicché gli scatti che ne derivano non sono quelli di un fotoreporter, ma di un compagno di strada che diventa amico».