Ghirri e Rambaldi al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia
L’incontro tra l’arte del maestro della fotografia Luigi Ghirri (Scandiano 1943 – Reggio Emilia 1992) e il “padre” visionario del parco Italia in Miniatura, il ravennate Ivo Rambaldi (1920-1993), fa parte di quegli scontri tra geni che porta il talento, e la sperimentazione, al massimo risultato. Rimasto letteralmente folgorato da un viaggio del 1968 a Swissminiatur, un piccolo parco tematico situato in Svizzera, Rambaldi decise che avrebbe proposto anche in Italia qualcosa di simile. Iniziò per lui un lungo e faticoso lavoro di documentazione che lo vedrà viaggiare a lungo per la penisola con l’obiettivo di raccogliere quanto più materiale per la costruzione delle miniature. Dopo anni di lavoro, e un investimento complessivo di oltre 400 milioni di lire, il parco aprì le proprie porte a Viserba di Rimini il 4 luglio del 1970 con cinquanta miniature esposte. È la fine degli anni Settanta quando il fotografo Luigi Ghirri, destinato a diventare uno degli esponenti più alti della scena artistica italiana del Novecento, visita a più riprese Italia in Miniatura, da cui rimane totalmente affascinato. In quel perimetro di allora poco più di 20mila metri quadri – oggi sono ben 85mila – che racchiude le miniature dei capolavori artistico-architettonici e paesaggistici italiani, Ghirri ritrova molte delle questioni concettuali ed estetiche su cui era al lavoro in quegli anni: l'illusione e il trompe-l'oeil, la distanza fra la realtà e la sua rappresentazione, la comparsa di una natura artificiale, il consumo della realtà turisticizzata, lo sguardo dello spettatore e la sua voracità scopica e i paradossi derivanti dai processi di riduzione in scala, secondo un meccanismo che accomuna le miniature del parco alla fotografia stessa.