Forlì. Nuovo carcere, incognita fondi e aumento prezzi

«Siamo in attesa di risposte da parte del Ministero delle infrastrutture, all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato mi sono mobilitata per fare alcune verifiche. In particolare è importante capire se ci sono ancora i fondi stanziati nel 2018, se serviranno ulteriori risorse visto l’aumento dei costi delle materie prime e se effettivamente dopo cinque anni la ditta che si è aggiudicata i lavori è ancora nelle condizioni di poter far partire il cantiere». A fare il punto sul nuovo carcere di Forlì in zona Quattro è la parlamentare di Fratelli d’Italia, Alice Buonguerrieri, a distanza di un mese dallo sblocco dell’iter giudiziario che si è concluso, dopo cinque anni, con la sentenza del Consiglio di Stato. La prima pratica relativa al maxi-progetto del carcere del Quattro negli archivi del Comune risale al 2003. L’attuale carcere della Rocca, risalente in una sua parte all’Ottocento, è una struttura vetusta per la sua funzione penitenziaria e l’area della Rocca di Ravaldino e la sua relativa cittadella, incastonata nel centro storico e nel campus universitario, meriterebbe una valorizzazione culturale ora impossibile. L’ultimo bando per il primo stralcio del nuovo penitenziario di Forlì, per 34,6 milioni di euro, fu emesso dal Provveditorato alle opere pubbliche di Lombardia ed Emilia-Romagna del Ministero delle infrastrutture nel 2018. A tenere bloccato l’avanzamento è stata nel 2019 l’impugnazione dell’aggiudicazione della gara ad un raggruppamento temporaneo di imprese da parte di un altro partecipante, per via di una procedura all’epoca in corso di “concordato preventivo” ai sensi della legge fallimentare, che coinvolgeva una delle imprese del raggruppamento vincente. L’impresa ricorrente la spuntò in primo grado, davanti al Tar dell’Emilia-Romagna, già nel 2020 mentre la quinta sezione del Consiglio di Stato, in appello, ha ribaltato la sentenza amministrativa, non prima di aver posto una serie di quesiti generali all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che ha orientato la decisione finale dei giudici amministrativi investiti del caso. Per cui è stato ora definito, con un iter giudiziario chi è l’appaltatore che deve procedere coi lavori del penitenziario (la capienza sarà di 255 detenuti) che sorgerà in un fazzoletto di campagna tra la Cava, i Romiti e San Varano.
Nonostante la buona notizia per la città di Forlì, che attende da tempo la realizzazione dell’opera, le incognite sono ancora molte. L’importo dei lavori è stato deciso nel 2018, prima del Covid, dell’inflazione e dei rincari dei costi energetici. Inoltre lo stanziamento statale è fermo da diversi anni ed è da vedere se è immediatamente ricollocabile, senza considerare che insiste in un’area a ridosso di quella alluvionata due mesi fa. Ci saranno, insomma, altri passaggi burocratici prima di vedere effettivamente degli operai al lavoro. «Siamo contenti della sentenza del Consiglio di Stato – conclude Buonguerrieri –. Il nostro impegno, verificati alcuni passaggi non di poco conto, ora è quello di fare in modo che il nuovo carcere di Forlì veda la luce perché altrimenti rischia di essere solamente una cattedrale nel deserto. Si tratta di un’opera importante per la città che si inserisce in un progetto più ampio e che prevede, proprio in quella zona, la realizzazione anche del terzo lotto della tangenziale. Insomma con queste due infrastrutture, una volta costruite, andiamo a chiudere un intervento importante su quella parte della città».