Forlì. Crisi, cassa integrazione raddoppiata: "Salari troppo bassi"
Dopo la pandemia le famiglie e le aziende sono alle prese con le difficoltà economico-finanziarie innescate dalla crisi energetica. Una situazione che colpisce tutti i settori e ciò che mette in allarme il sindacato è il fatto che da parte delle imprese vi sia un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali. Infatti, nei primi otto mesi del 2022 in provincia di Forlì-Cesena sono già 1.305.057 le ore di cassa integrazione utilizzate contro le 659.253 del 2019 (il metro di confronto non può essere fatto con il 2020 e il 2021, quando gli ammortizzatori sociali sono schizzati alle stelle a seguito dell’emergenza sanitaria, ndr).
In altre parole sono più che raddoppiate, complice la crisi innescata dal rialzo dei prezzi dell’energia. Stando ai dati quello che salta all’occhio, da gennaio ad agosto 2022 sempre sul territorio provinciale, è che sono 1.075.123 le ore di cassa integrazione ordinaria (nel 2019 erano 401.648), ma ciò che colpisce maggiormente è che la cassa integrazione guadagni in deroga è passata dallo zero di tre anni fa alle attuali 97.187 ore. «Il dato ci preoccupa - afferma Maria Giorgini, segretaria della Cgil Forlì -. I posti di lavoro vanno difesi estendendo gli ammortizzatori sociali a tutti i settori, allo stesso tempo è opportuno rivedere i massimali della cassa integrazione. Ricordo che il lavoratore subisce una decurtazione dello stipendio, se non si ritoccano, appunto, i massimali difficilmente le persone sopravvivono dignitosamente. In sostanza con l’inflazione, il caro energia e l’aumento dei prezzi, anche quelli che riguardano i beni alimentari, bisogna trovare il modo di garantire un salario minimo per far fronte a tutto ciò, gli attuali stipendi non bastano».
Dopo il biennio di chiusure e rallentamenti produttivi dovuti alla pandemia, si ripropone per ragioni diverse la necessità di ricorrere in modo diffuso agli ammortizzatori sociali. «Chiaramente anche il sistema imprese va aiutato - prosegue la segretaria della Cgil -, ma diversificando tra chi ha guadagnato durante la pandemia e che, quindi, potrebbe riuscire a tamponare in questa fase emergenziale avendo fatto patrimonializzazione di impresa, e chi invece rischia oggi di non rialzarsi più e pertanto va aiutato, nella fattispecie parliamo nella maggioranza dei casi di piccole e medie imprese».
Non solo, è necessario anche trovare soluzioni per le famiglie perchè quello che preoccupa il sindacato è la tenuta dei redditi, messi a rischio dall’aumento dell’inflazione e dei costi energetici. «Sono necessari interventi e risposte urgenti, non possiamo aspettare l’Europa e il Governo che ancora si deve insediare- conclude Giorgini -. Per questo anche nel territorio, come accaduto a Bologna, vanno aperti confronti per redistribuire gli extraprofitti delle multiutility o tramite la riduzione delle bollette o tramite bonus alle famiglie aumentando la fascia delle persone che vi possono accedere che oggi si ferma ai redditi con Isee fino a 12.000 euro. Noi chiediamo, almeno, di estendere la soglia Isee fino a 20.000 euro, in quanto la forbice delle famiglie in difficoltà è sempre più ampia».