Faenza, Enpa nel caos, canile commissariato

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È da luglio che il canile in via Plicca è ufficialmente in gestione commissariata dall’Enpa di Roma. Ne ha assunto la direzione, dopo le dimissioni della presidente Maria Teresa Ravaioli, la presidente nazionale Claudia Rocchi. «È avvenuto in seguito ad una mia richiesta - ha spiegato Ravaioli stessa - perché ero stanca, poi si sono verificate problematiche interne e contrasti, compreso il licenziamento di un dipendente per giusta causa». Un licenziamento che seguirà il suo percorso fatto anche di eventuali ricorsi. La questione sarà gestita dall’Enpa Nazionale.Sul posto è stato designato un nuovo responsabile supervisore, ma la situazione è tesa: vi sono volontari fuoriusciti in divergenza sui metodi di gestione dei cani e ovviamente i rapporti sono deteriorati e incrinati, tra chi è arrivato o è rimasto e la vede in un modo e chi ha abbandonato perché non più a proprio agio. Nel contesto si registrano le dimissioni di una veterinaria da anni in forze al canile, sostituita da un altro professionista, e regole applicative di gestione dei cani affisse dal supervisore in una bacheca della struttura ma non da tutti condivise. Secondo l’ex presidente «le cose adesso funzionano, i cani sono tenuti bene: non vi è nulla di cui preoccuparsi, il canile continua a svolgere la sua funzione in modo assolutamente regolare e degno, con persone competenti nei loro ruoli. E anche le adozioni stanno andando bene».Va detto che in via Plicca sono due i canili, quello comunale e il Rifugio dell’Enpa, che comunque li gestisce entrambi. Per il canile comunale è in scadenza la convenzione. Tornando alle frizioni, di «benessere psicofisico degli animali» si parla in due relazioni presentate ad Enpa, Ausl veterinaria e Comune. Relazioni dettagliate di altrettanti medici veterinari specialisti nel settore comportamentale che invitano a ripristinare le abitudini dei cani e le procedure pre-commissariamento. In uno dei documenti si ritiene infatti «controproducente modificare in modo così drastico una routine che era funzionale alla buona conduzione della struttura e al benessere psicofisico».Tutto ciò «a meno che non ci siano stati episodi gravi di aggressioni». Episodi che secondo l’ex presidente Ravaioli «possono essersi verificati quando i cani venivano liberati in gruppo e poteva capitare che si mordessero tra loro». In base alla nuove disposizioni ciò non accade, perché gli animali possono uscire uno alla volta solo nell’area di sgambamento davanti ai box per il tempo necessario alla pulizia. «La socializzazione e l’interazione dei cani - spiegano i volontari usciti- è radicalmente cambiata generando stress negli animali e rendendo sempre più difficoltose le adozioni».Insomma vi è contraddittorio su diversi aspetti. Il canileè inserito nel Parco Rifugio del cane che conta un ettaro e mezzo di superficie progettata e costruita anche con le donazioni dei cittadini, in una città da tempomolto sensibile all’opera svolta dall’associazione. «Quel parco non viene più utilizzato per fare correre i cani» dicono i “dissidenti” . Evidentemente ci si trova davanti a dissapori emersi per questioni che, per il bene degli animali, occorrerà superare. E non solo in merito ai cani ma anche per via dei gatti (circa 350), quelli delle colonie sparse in città «per i quali non è assicurato il cibo che veniva distribuito tramite l’associazione» sostiene chi si è allontanato dall’Enpa.

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