Da Viserba al ristorante in Vietnam: "Qui amano il Sangiovese"

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«Brindo col Sangiovese in Vietnam. Così ho esportato la professionalità romagnola». Il partenopeo Ciro Sorrentino è nato 35 anni fa a Castellammare di Stabia da una famiglia di Torre Annunziata, poi trasferitasi in Romagna, dove ha cominciato a fare il pizzaiolo a 13 anni prima a Villa Verucchio e poi a Viserba. Un duplice impegno, il suo, «che non pesava affatto»: la mattina andava a scuola e la sera si divertiva a impastare, finché a 17 anni i familiari prendono in gestione la pizzeria da asporto “No problem” di Viserba. La stella di Ciro comincia a brillare ma la voglia di nuove esperienze lo spinge a partire appena 20enne. Austria, Svizzera e Francia ma anche Panama e gli States. Gira come una trottola, affinando il talento, finché nel 2014 invia un curriculum a un hotel a 6 stelle «che in Vietnam cercava un “pizza chef” nonché un manager per gestire il bar più lussuoso di Saigon, in una torre di 38 piani costata 700 milioni di dollari». “The reverie” è un ambiente, con vista mozzafiato sulla città e frequentato da vip di tutto il mondo. Nulla è lasciato al caso, rimarca ancora Sorrentino, a partire dagli arredi che annoverano «le ultime lastre di marmo blu esistenti al mondo».


Ciro, cosa ha imparato dalla Romagna?

«La professionalità ma anche la capacità di gestire pressioni e ritmi incalzanti con lucidità e rigore. Dopo i primi passi all’estero, sono tornato in Romagna a fine 2017 e nell’estate seguente ho aperto la pizzeria “Margherì” a Cesenatico, 120 coperti e al momento una decina di dipendenti. Nella nuova avventura potevo contare su Mai Vo Tiet, la ragazza vietnamita di cui mi sono innamorato e che ho sposato nel 2018».


A Cesenatico è rimasto fino all'anno scorso anno. Perché il ritorno a Ho Chi Minh?

«Gli affari andavano a gonfie vele ma mia moglie ed io volevamo allargare la famiglia. Così siamo tornati nel suo Paese d’origine, rallentando il ritmo, e fra pochi giorni nascerà la nostra bambina. A rendere possibile il ritorno è stato uno scambio: ho affidato il “Margherì” di Cesenatico a Giovanni, l’executive chef che mi fatto sbarcare in Vietnam, mentre io ho rilevato il suo locale subito ribattezzato con lo stesso nome: “Margherì”. Sorge nel distretto 7 popolato da coreani e vietnamiti, una zona molto ricca e dal sapore internazionale. Mi affiancano una quindicina di dipendenti, che conosco dal 2014, e insieme gestiamo 70 coperti. Mi sono ritagliato un ruolo nel panorama orientale, facendo tesoro del mio backround romagnolo. Per aprire il primo locale mi sono occorsi 7 mesi, per il secondo un paio. Solo l’obiettivo resta immutato: far sentire i clienti come a casa loro, mischiando l’ospitalità riminese con quella partenopea. L’ambiente è così confortevole e rilassante che in tanti si fermano anche solo per incrociare i calici e tra le scelte che vanno per la maggiore, oltre ai vini del sud, c’è proprio il Sangiovese. Quanto al menù, non comprende solo pizze, ma va dagli antipasti al dessert passando per la pasta fresca che ho imparato a cucinare in Romagna. Anche il target della clientela è trasversale: dagli imprenditori alle famiglie con bambini».


Consigli per un aspirante pizzaiolo.

«Fare la gavetta con umiltà senza poltrire fantasticando su “Masterchef” in tv. Gli allori verranno solo dopo i sacrifici. L’ingrediente fondamentale resta la passione condita con l’aggiornamento continuo. Qui in Vietnam l’età media della popolazione è 31 anni e i dipendenti sono molto leali finché hai qualcosa da insegnare, altrimenti fanno i bagagli. Hanno fame di conoscenza».


Perché si è trasferito dall’altra parte del mondo?

«Qui mi sento a casa. In Vietnam regna un’eterna estate con temperature che si aggirano sui 30 gradi, la gente è umile e cordiale. Indosso le scarpe solo quando lavoro, per il resto predomina il look da spiaggia romagnola: pantaloncini, maglietta e intramontabili infradito».

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