Diverse aree del Cesenate stanno per essere attraversate da una gigantesca infrastruttura per trasportare gas dai tre punti d’entrata delle forniture dall’Africa e dalla zona del Mar Caspio, dislocati nel sud Italia. È un metanodotto di Snam che fa parte di un progetto da 2,4 miliardi di euro, suddiviso in tre tronconi, da Sulmona in Abruzzo fino a Minerbio nel Bolognese. Quello che interessa il comprensorio fa parte della tratta Sestino-Minerbio. Roba da circa 700 milioni di euro di investimento per realizzare 141 km di condotte, che saranno interrate e quindi con impatto quasi nullo dal punto di vista paesaggistico. Il governo, più che mai alla luce della crisi energetica esplosa a seguito della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, con conseguente crisi tra l’Unione Europea e Mosca, considera “strategica” questa opera. I lavori di posa dei grossi tubi interesseranno una fascia di terreno larga 28 metri nelle aree agricole e una di 18 metri in quelle boscate. La trincea di scavo sarà normalmente profonda soli 3 metri. Una volta completato l’intervento, che sarà connesso a due tratti già esistenti del matanodotto, da Brindisi a Sulmona, e verso nord si irradierà da Minerbio verso le zone aree economicamente più sviluppate del Paese e quindi più bisognose di gas, saranno eseguiti rimboschimenti lungo il tracciato. I cantieri in zona dovrebbero essere aperti tra circa un anno, per concludere poi l’intero metanodotto, denominato “Rete Adriatica”, prima dell’estate del 2027, in modo da farlo entrare in funzione entro la fine di quello stesso anno.
Incontri e tensioni coi proprietari
Nelle scorse settimane, alcuni cittadini cesenati le cui proprietà private sono interessate sono stati invitati, singolarmente o a piccoli gruppi, a prendere parte a incontri informativi su questo progetto, di cui si parla da ormai vent’anni ma che finora era passato sotto silenzio nel Cesenate (mentre in altri territori ha scatenato non poche proteste, in particolare dalle parti di Sulmona). La convocazione è avvenuta tramite lettera raccomandata. Uno degli incontri più recenti si è tenuto, per esempio, in una sala della sede del Quartiere Oltresavio Nell’occasione - riferisce uno dei partecipanti - è stato spiegato che non ci sarà bisogno di scavi impattanti, perché si userà una particolare trivella che bucherà i terreni a una profondità tra 10 e 15 metri, in una fascia di terreno non troppo estesa. Il dialogo, per la verità con un atteggiamento che non è sembrato per nulla aperto, si muove su due binari differenti. Da una parte, ci sono i proprietari dei terreni che saranno direttamente attraversati dal metanodotto, e in questi casi le resistenze sono spesso molto forti, come è comprensibile. Così è, per esempio, per un terreno agricolo a Settecrociari, il cui padrone ha detto di non avere alcuna intenzione di accettare le condizioni che gli sono state illustrate. Nel suo caso, come in tanti altri, potrebbe dunque prospettarsi uno scontro a suon di ricorsi al Tar. Sembra però una lotta molto in salita, di fronte a un’opera dichiarata “strategica” e di primario interesse pubblico nazionale. Ma forti malumori sono stati espressi anche da tanti residenti di zone non direttamente coinvolte nei lavori, ma che vivono nelle fasce di rispetto previste. A una certa distanza dal metanodotto, come vale per tre villette abbinate che sorgono a ridosso del ricordato terreno a Settecrociari, scatterà infatti un vincolo di inedificabilità: in pratica, non si potrà costruire più niente. La società che porta avanti il progetto sta chiedendo liberatorie a questi proprietari. Ma - fa sapere uno di loro - l’indennizzo che è stato promesso è ridicolo: 68 euro a testa. A chi lo ha fatto notare con una certa irritazione è stato fatto capire che quella p la cifra calcolata sulla base di criteri prestabiliti dalle norme e opporsi significa andare incontro a procedure d’esproprio. La tensione rischia di salire alle stelle.