Cesena, ben 163 senzatetto in città: attivato pronto intervento

Un Pronto intervento sociale attivabile 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno per affrontare in modo immediato urgenze, soprattutto in momenti come le ore notturne o i giorni festivi in cui i servizi ordinari non sono aperti. È la novità attivata la scorsa settimana, con tanto di Centrale operativa Asp e col coinvolgimento dell’Unità di strada e dell’Opera Don Dino. I posti letto tenuti a disposizione per questa esigenza sono 3, all’interno del dormitorio di via Strinati. Questo servizio va ad aggiungersi a una gamma sempre più vasta di strumenti che il Comune sta mettendo in campo per farsi carico di situazioni di marginalità. Le più eclatanti sono quelle vissute dalle persone senza dimora, che stanno raggiungendo numeri impressionanti. L’anno scorso gli operatori sono entrati in contatto con ben 163 senzatetto che hanno messo piede a Cesena (tra cui 24 donne) e appena 3 disponevano di qualche riparo momentaneo. Quasi metà era solo “in transito”, ma ben 84 sono stati presi in carico dai Servizi sociali: 30 senzatetto nel senso più classico del termine, 30 senza casa, cioè con soluzioni abitative molto provvisorie e 17 con sistemazioni insicure (11 casi) o inadeguate (6). Rappresentano una sfida di civiltà con cui la comunità cesenate è chiamata a fare i conti e ieri, in una commissione consiliare l’assessora Carmelina Labruzzo, assieme a figure chiave del suo staff impegnate su questo versante, ha fatto il punto su questi esseri umani troppo spesso «invisibili», come ha sottolineato. Ma più in generale l’incontro è stata l’occasione per fare il punto sulle varie risposte che l’ente pubblico prova a dare a chi vive questa condizione di estrema fragilità socio-economica.
A Palazzo Albornoz, sotto impulso di un rinforzo al personale che sta facendo fare un ulteriore salto di qualità in questo ambito, Monica Brandoli, oltre all’assistenza primaria, pur essenziale, si sta cercando di sviluppare una strategia basata sul «passaggio da un’ottica assistenzialista a capacitante». Che significa che vanno trovare «tutte le risorse possibili non solo per assistere ma per riabilitare le persone in una situazione di marginalità, facendo recuperare loro autonomia». Un’esperienza che si muove su questi binari è per esempio il cosiddetto “housing first” per persone che hanno particolari bisogni di accoglienza che vanno coperti nell’arco di ventiquattr’ore ma stanno facendo un percorso di recupero di autonomia. Per loro ci sono vari posti in co-housing: 4 per donne e 6 per uomini con l’Opera Don Dino, che a Montereale ne gestisce altri 4 destinati a chi ha problematiche sanitarie ma sono autosufficienti. In commissione è stato spiegato che proprio per incoraggiare la loro partecipazione attiva a un percorso che vuole avere un lieto fine sono chiamati a pagare un contributo simbolico di 30 euro al mese, ma l’obiettivo è portarlo a una somma che sia pari al 30% del loro stipendio. Presto, grazie a fondi europei del Pnrr, si conta di fare partire un altro di questi “housing first”, con alloggi per non più di 24 mesi destinati ad almeno 10 persone in condizioni di povertà pronte a fare un cammino verso l’autonomia.
Più critici i casi con cui ha a che fare l’Unità di strada, che effettua 5 uscite settimanali a bordo di un veicolo carico di beni di prima necessità da distribuire a chi non può o non vuole essere accolto in uno dei 50 letti disponibili in tre dormitori: 22 nello storico Centro d’accoglienza notturna di via Strinati (più i 3 per il pronto intervento appena attivato), 16 alla Casa del sole a Oriola, attivata questo inverno per affrontare l’emergenza freddo, con servizio di trasporto da e verso la città con pulmino Arci, e 12 al vescovado, gestito da Caritas e associazione Papa Giovanni XXIII. L’anno scorso gli operatori di strada hanno avuto 568 contatti con persone senza dimora, 96 delle quali erano nuove.