Carlo Forlivesi presenta il suo cd "Modernantico"

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Composto da 10 tracce, ModernAntico è il nuovo cd di Carlo Forlivesi edito da Stradivarius, casa discografica da decenni attiva nella produzione classica. Il cd comprende arrangiamenti di celebri brani registrati sugli organi della Chiesa del Carmine e del Museo Diocesano di Imola, nonché della Chiesa del Suffragio di Savignano, uniti a una registrazione effettuata durante una tournée giapponese del noto organista, compositore e ricercatore imolese.

Sono cointerpreti del cd: Saira Frank (soprano) e Andreina Zatti (alto), Luigi Zardi e Miloro Vagnini (tromba), Joshua Whitman (trombone). Le musiche vanno dal basso medioevo fino al rinascimento e al classicismo, insieme all’inno musicato da Forlivesi per il beato Carlo Acutis.

Il musicista è docente al Conservatorio Rossini di Pesaro, ha insegnato composizione all’Università di Stoccarda e ha visto la propria varia attività premiata da molti enti culturali d'Italia e all’estero. Ha pubblicato numerosi libri e cd monografici e tenuto masterclass per le maggiori istituzioni. Le sue composizioni sono state eseguite nei maggiori festival e teatri.

Il cd avrà il lancio internazionale il 6 gennaio e porterà nel mondo il suono anche dei preziosi organi della Romagna.

Forlivesi, lei ha indicato come suo punto di partenza l’affermazione «prima la musica», perché? E perché ha scelto il titolo “ModernAntico”, muovendo come «un naturalista parte dalla scoperta di una creatura ignota»?

«“Prima la musica” è una citazione di un’operina di Antonio Salieri (1788) che ironizzava sull’uso dell’epoca di comporre musica come cliché, unendola spesso a testi raffazzonati. Come musicista e ricercatore il mio compito è invece cercare di tenerla ad alto livello. La musica ha una meccanica complessa, che comprende la poetica, ma anche la sua natura di fenomeno scientifico. “ModernAntico” è uno stile che ho creato io in modo originale. Significa rileggere le opere del passato alla luce della nostra sensibilità, di persone che hanno sentito i Beatles, Morricone, la chanson française, il jazz, il rock… Modernizzarle ma senza alterarle, dare loro una nuova luce come restaurando un quadro, mettere colore alla loro presentazione affinché si possa avvertire che parlano ancora di noi».

Come nella scelta di arrangiamenti di musiche storiche e registrazioni dal vivo di epoche e autori diversi, si evidenzia quella che definisce «pluralità dell’oggetto musicale»?

«Sono “oggetti trovati”, perché ci avvicinano a dimensioni acustiche e intellettuali sconosciute prima, suoni talvolta stratificati e rimodellati su altri suoni, qualcosa che procede per similitudini, musiche che probabilmente mai in tali forme e risonanze furono eseguite in altre epoche».

Come si legge nelle note di presentazione, l’utilizzo per queste registrazioni di organi antichi e moderni, è anche «un insolito incontro tra alte tecnologie meccaniche di epoche diverse, incorporando perfino la più moderna sintesi a modelli fisici». Cosa intende?

«A causa dei problemi causati al lavoro di registrazione dal lockdown, per la prima volta in un cd abbiamo sperimentato – per la traccia relativa all’ Inno a San Giovanni Battista dal Codice di Montecassino a più voci –, un software francese che consente di ricostruire il modello fisico di antichi strumenti non più esistenti».

È giustificato ritenere, come è stato affermato da taluni, che questa nuova frontiera dell’organo virtuale rappresenti una sconfitta sul piano culturale?

«Certo è meglio un organo vero, ma se la tecnologia lo permette… Se si ha l’abilità, parafrasando Picasso, affermo “che si può fare un’opera d’arte anche con la sabbia”».

Cosa rappresenta l’Inno per il beato Carlo Acutis (1991-2006)?

«Questo inno che ho musicato è stato scritto in latino dal poeta e latinista imolese Matteo Veronesi. È stato eseguito in vari Paesi e tradotto in diverse lingue. Un inno per un giovane del nostro tempo, e anche questo è “modernantico”, perche prende a modello il gregoriano, ma con una valenza che tocchi la sensibilità del nostro tempo».

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