Brisighella, isolati da 44 giorni: "Noi il borgo non lo lasciamo"

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Via Purocielo, la strada che da Sant’Eufemia porta all’omonima frazione del Comune di Brisighella, da 44 giorni non c’è più, devastata da molteplici frane e smottamenti. E con l’interruzione della viabilità, da un mese e mezzo anche 4 famiglie si trovano isolate: persone costrette a spostarsi a piedi passando per i campi adiacenti, che in questo periodo si sono date da fare coordinandosi in autonomia con ruspe, scavatori e motoseghe per appianare i punti dove era possibile intervenire, tagliare alberi collassati sulla strada, riaprendo alcuni collegamenti interni. Tutto questo tra mille difficoltà: per fare un esempio, l’allacciamento dell’acqua potabile è stato ripristinato solo questa settimana. I residenti hanno ricevuto dal sindaco del borgo dei tre colli Massimiliano Pederzoli un decreto di sgombero, «ma non vogliono andarsene». Perché? Quelle isolate non sono solo abitazioni, ma attività agricole, le poche che mantengono viva una comunità che fino al secondo dopoguerra contava una cinquantina di nuclei familiari e che ora si è ridotta di dieci volte. C’è chi coltiva terreni, chi alleva animali, chi produce legname: in questi giorni si è lavorato il foraggio per portarlo alle stalle, ma con notevoli complicazioni logistiche. Tempi e modi del ripristino restano però un’incognita, anche se «cercheremo di riaprire una via di accesso alternativa – dice Pederzoli –. A breve i mezzi saranno sul campo». Il rischio concreto è che la frazione vada incontro allo spopolamento: se ciò dovesse accadere, l’alluvione e le frane che ne sono conseguite sarebbero state solo l’ultima tessera di un domino ormai avviato da decenni. Eppure sono in tanti ad avere a cuore il destino di una comunità sì piccola, ma ricca di storia: nella parte alta di Purocielo si trova anche Ca’ di Malanca, con il Centro di documentazione della Resistenza dove si organizzano iniziative per ricordare la battaglia nella quale incontrarono la morte 57 partigiani. Era l’ottobre del 1944. Uno dei luoghi chiave di quelle giornate, Ca’ Gostino, che ospitò uomini della Brigata Garibaldi, risulta fra le strutture isolate, mentre la strada per raggiungere Ca’ di Malanca ha subito danni meno ingenti ma rimane interdetta al passaggio dei veicoli per motivi di sicurezza. Il Centro, quindi, non può essere visitato e non si sa quando verrà riaperto. «Questa zona non deve essere abbandonata – afferma Franco Conti, presidente dell’associazione che gestisce Ca’ di Malanca –. Qui la memoria convive con l’economia, non possiamo perdere entrambe, perché una montagna disabitata porterà ripercussioni anche in pianura. Coloro che hanno scelto di rimanere mantengono viva la comunità di cui facciamo parte a costo di grandi sforzi, noi siamo solidali nei loro confronti». Per evitare il peggio, però, occorre agire repentinamente: «Servono risorse statali, e in fretta – conclude Conti –. Abbiamo paura che in inverno pioggia e neve possano portare altri disastri». M.D.

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