Ballare o non ballare in riva al mare? Il dilemma dell'estate in Romagna

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Quasi trent’anni non sono stati sufficienti a sciogliere il dilemma della Riviera romagnola: in spiaggia si può ballare oppure no? Di fatto, lido in cui vai, usanza che trovi. Usanza, non regola, perché ci sono posti in cui si danza sotto al cartello con scritto “vietato ballare”. E il campo delle certezze, comunque, svanisce in fretta perché da un anno all’altro cambiano gli imprenditori e ogni cinque anni gli amministratori. Ognuno con la sua visione balneare o con l’occhio da strizzare a una categoria piuttosto che a un’altra. E allora todo cambia e si riparte sempre punto e a capo: ballare o non ballare? Anche questa prima estate totalmente Covid free non passerà alla storia come quella della svolta. Tutt’altro. Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto a Rimini impazza il dibattito sui chiringuito, delle capannette a due passi dalla riva attrezzate come bar con un potente impianto stereo e un deejay. Mentre a Marina di Ravenna, di nuovo, esplode il caso delle feste danzanti abusive sull’arenile: mancano le autorizzazioni e scattano le denunce. Qui già a febbraio la Prefettura aveva promosso la sottoscrizione di un protocollo con le associazioni di categoria dei gestori delle discoteche, le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, i sindaci del Ravennate e i corpi di polizia locale. L’obiettivo? «Contrastare le organizzazioni illegali di intrattenimenti danzanti e di spettacoli da parte di soggetti non autorizzati». È quello che sta accadendo a suon di multe e denunce. A Riccione e Milano Marittima la situazione sembra, al momento, più tranquilla. Il modello sembra essersi assestato: musica all’ora dell’aperitivo serale con i ragazzi che si divertono a ballare sulla sabbia, soprattutto in alcune zone delle due località. Anche qui però le proteste non mancano, soprattutto per i decibel in eccesso.

Il modello chiringuito

Nei bagni più gettonati, tra le spiagge 40 e 50 a sud del porto di Rimini, dal tardo pomeriggio a quasi la mezzanotte del fine settimana si scatenano a migliaia. L’organizzazione è veramente spartana: non si paga alcun biglietto, si bevono birra, Mojito e Cuba libre a prezzi più o meno di mercato e si balla tra i lettini in costume da bagno. Il caso chiringuito, anche quest’anno, è approdato pure in consiglio comunale, finendo per dividere i politici e le associazioni di categoria tra il partito del «facciamoli ballare altrimenti i giovani andranno altrove, tipo in Grecia o in Spagna» e quello del «sono discoteche abusive e fanno concorrenza sleale ai locali in regola con tutte le autorizzazioni». Intanto che politici e presidenti vari ci pensano, coi loro tempi, i ragazzi in riva al mare, tra i chiringuito – esplosi durante il periodo della pandemia tanto che la polizia ogni tanto era costretta a fare disperdere la massa –, ci ballano eccome.

La pace tentata da Cecchetto

Un tentativo di conciliazione – «un patto tra chiringuito e discoteche» – lo ha avanzato con poca fortuna anche Claudio Cecchetto, di recente ingaggiato come ambassador di Visit Romagna: «Fino alle 23 o alla mezzanotte i giovani stanno in spiaggia con la musica e poi vengono portati in discoteca con delle navette». La discussione è partita ma alla fine niente: i due mondi non dialogano, salvo eccezioni. C’è infatti il recente caso del Cocoricò di Riccione, il cui proprietario, Enrico Galli, a inizio stagione ha rilevato uno dei locali più gettonati (ai tempi d’oro) della zona Marano, l’ex Hakuna Matata ribattezzato Hyper beach, per trasformarlo in una sorta di pre serale della Piramide.

Il ballo in spiaggia, le origini

In principio fu proprio Riccione, con l’area alla foce del Torrente Marano, insieme a Marina di Ravenna, ad aprire le danze in riva all’Adriatico. A metà degli anni Novanta a Riccione si era imposto il modello Territorio Match Music con i primi concerti sulla sabbia. Ma è con il nuovo millennio che sulla sabbia si scatena la movida. Ogni notte in decine di migliaia affollano quelli che erano dei bar di spiaggia che servivano caffè e ghiaccioli e che in brevissimo tempo diventano discoteche a cielo aperto. C’è talmente tanta gente che le auto fanno fatica ad attraversare viale D’Annunzio, il lungomare, letteralmente invaso, così come tutta la spiaggia, dai ragazzi con il drink in mano. Il fenomeno nei primi anni funziona, fa tendenza ed è di grande richiamo, però poi degenera tra sballo e problemi di ordine pubblico. E pure evasione fiscale: un locale viene trovato con 14 registratori di cassa fuori uso su 14 («scusate ma è agosto, abbiamo da fare», la giustificazione). Gli albergatori della zona sono alle prese con la rabbia dei clienti costretti a notti insonni per gli schiamazzi. Anche in questo caso la politica non decide: il Marano si spegne da solo all’inizio della seconda decade del secolo. Ora qualche locale c’è ancora ma il fenomeno è marginale.

Il modello Marina di Ravenna

Più o meno contemporaneamente, siamo agli inizi degli anni duemila, nei lidi di Marina di Ravenna il sindaco Vidmer Mercatali spinge forte sul modello “happy hour”. È convinto che rappresenti un volano per l’economia e una risposta per la sicurezza dei ragazzi del posto, prima costretti ad andare nelle discoteche di Rimini e Riccione.

Il Mojito nella fogna

L’happy hour finisce però letteralmente in un tombino l’11 luglio del 2009: il successore di Mercatali, il sindaco Fabrizio Matteucci, si fa immortalare mentre svuota un secchiello pieno di Mojito in una fogna, immagine simbolo della sua battaglia contro lo sballo. Anche Marina di Ravenna, come il Marano, tiene banco per i disordini che si consumano sulla sabbia tra fiumi di alcol che scorrono dentro a locali senza mura né il servizio d’ordine delle discoteche tradizionali. Tra le varie amministrazioni della costa passa la linea “no allo sballo” ma resta l’incertezza sul ballo sulla sabbia, che nel frattempo è stato sdoganato.

Regole ancora da scrivere

Avanzano i modelli meno estremi con quello del Papeete di Milano Marittima – che quattro estati fa è salito alla ribalta nazionale per la crisi di governo innescata da un Matteo Salvini versione dj – o il Samsara di Riccione, sempre in zona Marano. Si balla in spiaggia ma solo nel tardo pomeriggio o al massimo in prima serata. Locali del genere intercettano una nicchia di pubblico. Poi però c’è la massa dei giovani che scende in spiaggia a Rimini e nei lidi ravennati e vuole divertirsi. La domanda c’è, le regole per gestire l’offerta ancora sono in gran parte da scrivere.   

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