Appendicite scambiata per cistite: paziente riminese denuncia il medico del Morgagni di Forlì

«La condotta omissiva posta in essere dal dottor… rientra nell’alveo del paradigma criminoso di cui all’articolo 590-sexies c.p.». Ovvero: responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario.
Inizia così la perizia firmata dal dottor Adriano Tagliabracci direttore del Dipartimento di Scienze biomediche e Sanità pubblica del Politecnico di Ancona, passaggio fondamentale dell’esposto denuncia presentato dall’avvocato Stefano Caroli alla Procura della Repubblica di Forlì contro un medico del Pronto soccorso dell’ospedale Morgagni reo, secondo il legale e il proprio cliente (un professionista riminese), di non aver diagnosticato per tempo un’appendicite trasformatasi poi in peritonite con gravissime conseguenze sul prosieguo della vita di un paziente classe 1982.
La storia
Il calvario del 41enne inizia l’8 gennaio del 2022 quando, dopo tre giorni dalla prima visita dal medico di famiglia, la presunta vittima si presenta in Pronto soccorso perché ha la febbre alta, sintomo che il primo dottore da lui interpellato aveva detto sarebbe stato lo spartiacque per capire quale fosse la patologia da cui era affetto. Nell’esposto il 41enne racconta che dopo gli esami di routine è stato preso in carico dal medico che poi denuncerà. «Al momento della visita – si legge nell’esposto – riferivo della persistenza di un dolore addominale acuto, peraltro esistente sin dall’esordio della sintomatologia a domicilio». Detto anche di un dolore ai testicoli «da ricondursi secondo il medico ad una infiammazione alle vie urinarie» lo stesso lo sottoponeva alla manovra di Blummerg (schiacciamento dell’addome e rilascio) «il dolore provato – gli dissi – era identico in entrambe le fasi». Venne quindi rimandato a casa dopo aver inutilmente chiesto di essere sottoposto ad ecografia perché il medico «era sicuro si trattasse di cistite». Nell’esposto, e in questo caso non è solo una frase di prassi, si chiede comunque che vengano accertate se ci sono altre responsabilità, perché anche altri due specialisti consultati dall’assicuratore nelle 48 ore successive alla sua dimissione non avevano individuato la patologia. O meglio: il secondo aveva escluso si trattasse di una infiammazione alle vie urinarie. La gravità della situazione emergerà solo grazie all’ecografia addominale prenotata privatamente ed eseguita il 13 gennaio dove veniva rilevata al 41enne una massa di circa 8 centimetri di diametro che faceva ipotizzare alla specialista la «perforazione saccata-ascesso perviscerale». Seguiva il consiglio di presentarsi immediatamente al Pronto soccorso. Un’ora o poco più dopo il suo ritorno al Morgagni, il 41enne si era ritrovato in sala operatoria.
