Alluvione, sos da Linaro: "Serve il reddito di montagna, altro che di citttadinanza"

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Dopo la pioggia restano le frane, ma anche la paura. Per Matteo Manucci, che con la sua famiglia vive a Linaro la possibilità di tornare a sentirsi sicuri nella loro abitazione è strettamente legata ai lavori di ripristino e messa in sicurezza delle due frane che incombono sulla loro abitazione.

L’ondata di fango e alberi

Nella notte tra martedì 16 e mercoledì 17 maggio la montagna dietro la loro casa si è staccata. Una colata di fango e alberi si è incanalata nel rio, di solito innocuo, che dalla montagna alle loro spalle scende a valle e scorre accanto alla loro abitazione. Il ponte dietro la casa in un primo momento ha trattenuto gli alberi che si erano staccati: «Ha fatto da diga, ha trattenuto tutto per poi “stapparsi” all’improvviso - racconta Matteo Manucci -. Quando è successo alberi, acqua e fango sono arrivati dentro la nostra proprietà circondando la casa». Quello dei Manucci è anche uno dei nomi storici della movimentazione terra, nello stesso terreno dove hanno l’abitazione ha sede anche l’azienda che porta il nome della famiglia. Dall’inizio dell’emergenza hanno messo in azione i loro mezzi e le loro competenze, lavorando senza sosta per giorni.

Le due frane

Ma il loro lavoro non basta. Due le frane che spaventano: «Nella gola dietro la casa ci sono ancora alberature che non sono cadute, ma difficilmente reggerebbero piogge forti e prolungate. Buttarsi nell’inverno limitandosi a sperare che non vengano giù sarebbe troppo rischioso». Matteo Manucci racconta di aver parlato con una dei tecnici dell’Agenzia regionale per la sicurezza del territorio e la Protezione civile: «Ci hanno spiegato che realizzeranno una barriera prima del ponte per trattenere eventuali tronchi che dovessero staccarsi. Ci hanno detto che l’intervento è in elenco». Ma è soprattutto la frana sulla strada provinciale che porta a Ciola a fare paura. «È proprio sopra la nostra casa - spiega Manucci -. Qui è la Provincia che deve intervenire. Servirà un intervento complesso». A fare la differenza in entrambi i casi saranno le risorse e la tempestività. «Bisogna fare presto, sono interventi che vanno fatti entro l’estate».

Risorse e nuove nuove regole

Anche Ombretta Farneti, imprenditrice agricola e consigliera comunale e provinciale della Lega, sa bene che il fattore tempo sarà determinante: il rischio che corrono i territori di montagna e quello dello spopolamento. Se non si agisce in tempo, «servirà il reddito di montagna, altro che reddito di cittadinanza». Le ferite della valle del Borello le conosce bene, anche perché le vive in prima persona. «La mia azienda agricola non c’è più - racconta - si è salvato il ristorante perché mio marito ci ha lavorato senza sosta. Ci siamo arrangiati perché qua non è venuto nessuno: né Vigili del fuoco, né Protezione civile, né Regione, né Provincia». «Qua è venuto giù tutto - racconta con amarezza -, i ciliegi, i castagneti, la mia tartufaia non esistono più. In 140 ettari ho 6 frane». Non ha dubbi sul fatto che il Governo saprà intervenire e in modo efficace, è sulla (mancata) gestione del rischio idrogeologico del passato che punta il dito: «Sono anni che sollecito, faccio interrogazioni, ma niente. Serviranno i soldi, ma anche cambiare le regole, ridurre la burocrazia per dare la possibilità a chi vive in montagna di fare gli interventi sa essere necessari»

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