Dopo l'alluvione a Forlì: "Al lavoro per rinforzare le sponde dei fiumi, ma smettiamola di costruire dove non si deve"
La preoccupazione era stata espressa più volte anche dal sindaco Gian Luca Zattini: «Ho timori per l’autunno. Dal punto di vista della sicurezza dei territori, le popolazioni della Romagna alluvionata meritano rassicurazioni e risposte concrete sullo stato di salute del reticolo fluviale interessato da fratture arginali, otturazioni e crolli. C’è bisogno di capire cosa la Regione stia facendo in termini di politiche per la cura e prevenzione del rischio idrogeologico».
E la Regione risponde. Fausto Pardolesi, funzionario della sede forlivese dell’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la Protezione civile fa il punto della situazione. Partendo dall’inizio.
Piogge record
«In quei giorni di maggio la pioggia caduta ha fatto segnare livelli record storici su tutti i pluviometri e idrometri, i livelli dei fiumi hanno raggiunto limiti mai toccati – spiega Pardolesi –. In due settimane sono caduti 500 millimetri di acqua. Gli argini dei fiumi hanno retto in modo sorprendente, sono stati sormontati sia nella parte a monte della via Emilia, sia il Ronco che il Montone. Sormontati ed erosi esternamente dalla caduta dell’acqua, internamente quando l’acqua rientrava non si sono rotti, se non in pochissimi casi: un paio nella cassa di espansione del golf a Magliano, poi alla confluenza dell’Ausa a Selbagnone tra l’innesto dell’argine Ausa e dell’argine Ronco che ha dato origine all’allagamento di via della Grotta; poi dietro il McDonald’s ai Romiti, con l’allagamento di via Padulli, via Fontana Riatti e vie limitrofe, in via Isonzo che ha allagato San Benedetto e a Villanova alla confluenza su via Zignola».
Cosa è stato fatto
Da quei giorni è iniziato il lavoro dei tecnici dell’Agenzia regionale. «Abbiamo ricostruito tutti gli argini, abbiamo chiuso tutte le rotte in emergenza, poi in un secondo momento siamo ripassati a ristrutturarle in modo consistente, un lavoro che sta andando avanti sia sul Ronco sia sul Montone – chiarisce Pardolesi –. Le rotte ma anche le parti sfiancate e rovinate dall’acqua che le ha sormontate per ore. Alzare gli argini? Se li alzi ci sono sempre controindicazioni. Noi li alziamo con tre dita di terra in più perché si prevede un po’ di compattazione con le prime piogge e i passaggi dei mezzi meccanici che vanno a sfalciare i canneti. Per alzarli c’è bisogno di studi approfonditi, con valutazioni idrauliche ponderate, vanno verificati gli spazi a monte per fare casse di espansione. Adesso cerchiamo di ricostruire l’esistente. Sono lavori di ripristino, non di modifica. Nei punti dove nel corso degli anni gli argini si erano abbassati facciamo profili più lineari».
Un lavoro che prosegue e proseguirà, anche se non ci potrà essere la certezza di aver messo al sicuro al 100% il territorio. «I nostri progetti prevedono casse di espansione che però non sono bastate anche se hanno lavorato bene perché l’acqua è andata esattamente lì. Adesso stiamo lavorando sui tutti i fiumi, Rabbi, Montone e Ronco, stiamo sistemando gli argini rovinati dai sormonti, abbiamo rimosso un’enorme quantità di legname flottante a monte dei ponti, in tutte le vallate, parliamo di migliaia e migliaia di tonnellate. Poi stiamo intervenendo nelle varie località dove sono crollati i muri di sponda, per esempio a Dovadola, a Fiumana, a Meldola. Seguirà una seconda somma urgenza, cioè il ripristino anche dei piccoli rii, gli affluenti che in tante parti hanno creato danno e disagi rompendo le difese di sponda. Stiamo lavorando sia sulla briglia a San Lorenzo in Noceto sul Rabbi, da cui prende l'acqua il canale dei Mulini e dove il fiume ha cambiato completamente percorso, sia su quella di Ladino Villa Rovere dove il fiume ha deviato portando via un sacco di materiale, e dove stiamo ricostruendo la sponda. Tutti lavori che richiedono uno studio. Il piano che stiamo facendo è finalizzato a proseguire con le casse di laminazione già iniziate e finanziate, con l’obiettivo di aumentare e migliorare il loro funzionamento specie nella zona a monte della via Emilia che è quella avocata morfologicamente per fermare l'acqua». Collegata ai fiumi c’è ovviamente la questione dei ponti che li sormontano: «Oltre a quello di Modigliana crollato – dice il funzionario forlivese – ne sono stati danneggiati 5 nel comune di Predappio, tra inagibili e crollati, poi a Piandispino. I ponti non sono di nostra competenza, ma di chi ha la titolarità delle strade, quindi possono essere Comune o Provincia. I timori per l’autunno espressi da più parti? Parte del lavoro sarà fatto, quasi tutto, sulle grandi strutture che sono le più delicate; ci saranno tempi più lunghi. Se va bene saremo quelli di prima, dobbiamo esserne consapevoli».
I danni provocati nelle città sono stati dovuti anche al fatto che probabilmente si è costruito dove non era sicuro farlo, quando ancora non c’erano piano di bacino. «Però si sta ancora costruendo dove non si dovrebbe – conclude amaramente Pardolesi –. Costa meno spostarsi o ripagare tutto ogni pochi anni? Una delle prime strategie è delocalizzare. Perché quello che diventa preoccupante è la frequenza di questi eventi. Se dovessero accadere con maggiore frequenza non sarebbero più gestibili dal punto di vista sociale ed economico».