"A Imola frane così numerose che non abbiamo finito di contarle"

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Pioggia non vuol per forza dire frana. Le alluvioni e le frane dei giorni scorsi hanno fatto tornare attuali gli interrogativi sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente, anche in vista del prossimo temporale in arrivo mercoledì per via di «due perturbazioni, da nordovest e da sud-sud-ovest, quest’ultima intensa ma che troverà l’ostacolo degli Appennini – spiega il coordinatore dell’Osservatorio meteorologico dello Scarabelli Fausto Ravaldi – Il temporale dovrebbe essere più lungo ma di intensità più leggera». «Le frane dei giorni scorsi sono tipiche di questo contesto geologico, caratterizzato da formazioni rocciose a strati. Quando sono inclinati verso valle, in condizioni meteoriche pesanti, creano scivolamenti. Come un libro su di un tavolo inclinato», spiega il professore di geologia all’Università di Bologna Matteo Berti.

Insomma, l’elemento antropico stavolta non c’entrava: «Queste frane sono sempre avvenute, anche prima che vi fosse l’uomo. Sono molto pericolose perché rapide – prosegue andando dritto al punto della qualità dei terreni, coltivati o meno –. Le frane sono state così numerose che ancora non abbiamo finito di contarle e così estese da chiarire che si tratta di fenomeni naturali. È cioè la naturale evoluzione di questo territorio. Non ci sono evidenze di una corrispondenza con l’attività antropiche. Gli ultimi eventi sono avvenuti dove ci sono frutteti, boschi e campi». In altre parole, non c’entra l’uso del suolo: «In questo caso non stiamo parlando di frane superficiali ma profonde di qualche decina di metri nella roccia dove, per dire, le radici non sono presenti», aggiunge.

Fare i conti con queste caratteristiche non è questione da poco: «In queste zone con tali piogge il fenomeno per noi è “atteso”, che non significa saper prevedere esattamente dove accadrà. Però ci possono essere dei segnali che chiamiamo precursori, di pre-rottura: lunghe fratture nel terreno, magari di pochi centimetri, che chi conosce la zona sa riconoscere. Infatti ora viene fuori che qualcuno le aveva notate: una rete di geologi esperti che parla con chi vive nei comuni montani sarebbe di aiuto alle Amministrazioni e ai residenti», conclude. Infilandosi in queste fratture, le precipitazioni straordinarie di più di 250 mm in 36 ore hanno dato il colpo finale ai movimenti già in essere.

Paradossalmente, invece, nella zona più vicina a Imola ha piovuto meno che in altri momenti: «È stato un fenomeno anomalo ma non impossibile considerata l’area delle tre stazioni atmosferiche della rete meteo Scarabelli – precisa Ravaldi –. Rispettivamente nei tre giorni sono caduti alla stazione di Sesto Imolese, dello Scarabelli e di Montecatone, 109,2, 160 e 225,8 mm di pioggia. Il che non dà conto delle aree limitrofe. La quantità di pioggia è importante ma di più lo è l’intensità, cioè in quanto tempo cade. Ad esempio, il 20 aprile scorso in un’ora sono venuti 25,4 mm in un’ora, di cui almeno 24 in 10 minuti. Per fare un confronto, l’intensità oraria massima registrata a Montecatone è stata di 12,2 mm la sera del 2 maggio dalle 21 alle 22. È chiaro che se ad aprile si fosse protratta la pioggia sarebbe stato ingestibile il drenaggio», conclude Ravaldi.

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