A Faenza una storica rete di canali utili anche per il futuro

L’acqua non è sempre stata una sciagura. Anzi in passato ha portato enormi benefici, profitti e prosperità. Orti, giardini, mulini, opifici e anche un sistema di cabotaggio interno che ha rappresentato un unicum commerciale a livello nazionale: il collegamento con il mare attraverso il canale Naviglio Zanelli, ancora oggi di proprietà del Comune. Per secoli Faenza si è distinta per opere di ingegneria idraulica di cui andare fieri. Attraverso la fitta rete di canali, chiuse, saracinesche di cui era dotata, si prelevava acqua dal Lamone e dal Marzeno, contribuendo ad alleggerire le piene, mentre i corsi d’acqua interni fungevano come una sorta di cassa di espansione utile e produttiva. In pratica il Lamone disponeva di un imponente by pass gestibile e funzionale.
Ad avere effettuato uno studio sulla complessa teoria dei canali cittadini è l’ingegner Giovanni Ferro, che dispone di un importante archivio delle opere storiche, molte delle quali ancora esistenti nel sottosuolo, quando non sono state modificate (tombinate) o addirittura interrate. «Taluni canali si sono visti scoperti fino agli anni ‘60/70, dopodiché è tutto scomparso – spiega Ferro –. I prelievi dal Lamone, dove una parte delle acque ritornava a valle dopo il passaggio cittadino, avvenivano poco a monte dell’attuale chiusa di Errano: qui è ancora visibile la garitta con la saracinesca da dove ha inizio il canale principale».
La storica Cartiera
Il primo utilizzo era per la storica Cartiera, poi alle Bocche dei Canali il tragitto si biforcava: verso ovest dava origine al Canal Grande e verso est alla Canaletta. In città venivano alimentati diversi mulini e orti e dalla fine del 1700 anche il canale Zanelli, opera ardita per quell’epoca, navigabile con le chiatte, intesa a collegare la città con il Po di Primaro, quindi con il mare e con Venezia al fine di incrementare i commerci: nella realizzazione ebbe un ruolo anche Papa Pio VI, il cesenate Giovanni Angelo Braschi, cugino per parte di madre del conte Zanelli.Ebbene il Canal Grande portava acqua alla darsena del Naviglio, situata nell’odierno piazzale Sercognani e raggiungeva l’attuale Borgotto dove un’immensa vasca fungeva da riserva onde immettere acqua anche in periodi di magra. Per raggiungere piazzale Sercognani il Canal Grande passava dal Fontanone si incuneava tra l’ospedale e il parco Tondo, seguiva il viale delle Rimembranze e mancavano le diramazioni per lo Stradone lungo via Ca’ Pirota, via Manzoni, attraversava viale Baccarini all’altezza del Mic e poi si snodava fino ad attraversare via Naviglio, sfociare in via Calligarie, passare dal Convento di san Francesco e da sant’Ippolito, raggiungere la vasca del Borgotto.
Da dentro la città partiva anche il canale Cerchia che si immetteva nelle campagne di San Silvestro. Ad ovest la Canaletta arrivava con varie diramazioni in via Batticuccolo. Non solo, il Borgo Durbecco aveva un suo sistema idraulico indipendente che attingeva dal Marzeno, da una chiusa di cui vi è ancora memoria lungo via San Martino, poco oltre l’antica fornace. È ovvio che una tale griglia idraulica, portasse via parecchia acqua dal Lamone: non che scongiurasse le alluvioni, ma perlomeno contribuiva a contenerle.
Secondo l’ingegner Ferro «nel sottosuolo di Faenza vi sono ancora molti di questi canali, intubati e in alcuni casi dirottati nel sistema fognario, o inutilizzati». Approfondimenti in materia possono essere utili, qualora, come emerso, vi sia da rivedere il sistema fognario faentino che potrebbe essere supportato da una simile rete, per quanto ancora esistente ed efficiente.