Mini Transat. Il campione di vela Luca Rosetti: “Combattere con me stesso la sfida più dura”. Ma c’è anche la “guerra” con i pesci volanti...

Alla fine non si combatte solo col sonno, col vento e la pioggia dei groppi, con le onde, con la solitudine ma anche con i pesci volanti. Luca Rosetti, il velista del Club Nautico Rimini che ha vinto la Mini Transat, la regata di 4100 miglia in solitario che in due tappe porta dalla Francia ai Caraibi a bordo di barche lunghe appena 6,5 metri, ha dovuto convivere anche con questi strani compagni di viaggio. «Saltavano in barca e si rituffavano in mare ma a volte mi toccava ributtarli in acqua. Un paio di volte mi sono finiti in faccia... orribile... anche perché mi fanno un po’ senso. E una volta mi sono finiti contro il petto». Nell’avventura ci si mette anche questo. Luca, 28 anni, ha vinto la regata nella categoria Serie, la più numerosa con una sessantina di skipper da tutto il mondo. Nella seconda tappa, lunga 2700 miglia, ha navigato per gran parte al comando ma nella prima era arrivato ottavo a 15 ore dal primo.

Ti aspettavi di vincere?

«Volevo essere competitivo ma sapevo anche che potevo vincerla perché mi ero preparato bene e avevo misurato il mio livello nelle regate fatte durante l’anno».

Hai avuto delle rotture, dei momenti difficili?

«Ho rotto solo due elastici e un tientibene per scendere sotto coperta: praticamente nulla! La cosa più dura è stato combattere con me stesso perché nel finale il bollettino giornaliero mi ha detto che avevo perso 30 miglia e mi sono “impanicato”. Ho cominciato a pensare di aver fatto lo stesso errore della prima tappa. Ho iniziato a “flippare” e non sono più riuscito a mangiare e a dormire. Ho avuto crisi di pianto... Poi mi sono messo a studiare di nuovo la meteo per capire dove avessi sbagliato. Mi sono detto: non è finita! E alla fine avevo ragione io».

Come sono state le condizioni meteo della seconda tappa?

«Abbiamo avuto un Aliseo spettacolare che poi è calato e nel finale sono arrivati dei groppi con venti fino a 35 nodi. A livello fisico il momento più duro».

Il tuo punto di forza?

«Penso che alla fine sia stato importante non trascurare nulla, sia a livello meteo sia sulla preparazione della barca. Ma anche a livello psicologico sono arrivato ben preparato»

All’arrivo avevi la maglietta del Club Nautico Rimini, cosa rappresenta per te?

«In questi anni mi hanno accolto, sostenuto e supportato quanto più potevano. Ho chiesto loro di continuare a sviluppare con me il prossimo progetto».

Quindi abbandoni la classe Mini? E il Class 40 è un passo verso il sogno del giro del mondo in solitario e senza scalo, la Vendée Globe?

«Prima della Transat avrei detto che il mio sogno è la Vendée come fa un bambino che dice di voler fare il calciatore. Ma ho bisogno di fare esperienza e ci vogliono anni. Solo dopo questo percorso potrò dire cosa voglio fare. Questo stile di vita richiede tanti sacrifici. Per adesso l’obiettivo è il Class 40. Ma voglio anche provare i Figaro e cimentarmi con i foil».

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