Dozza, il comitato denuncia: “ La polizia locale ci fa togliere i cartelli contro i rifiuti”

Imola
  • 24 aprile 2024

Si aggiunge un ulteriore capitolo alla campagna elettorale dozzese e in particolare alla questione calda dell’impianto di trattamento rifiuti alla ex Martelli.

Il comitato dei cittadini contrari scrive al sindaco e al presidente del Circondario per lamentare il fatto che a diversi privati che avevano collocato nei propri giardini o ad alcune finestre i cartelli con su scritto “No rifiuti a Dozza”, gli stessi cartelli portati a braccia la sera dell’incontro promosso da Legambiente, è stato intimato di toglierli.

Domenica scorsa agenti della polizia municipale circondariale ha suonato alla porta di questi cittadini informandoli che stavano infrangendo il regolamento di polizia urbana e che i cartelli andavano tolti, in quanto non autorizzati.

La denuncia

Scrive il presidente del comitati di cittadini Francesco Urbano: «In data 21 aprile si è ripresentata la polizia municipale a Dozza intimando informalmente ad alcuni cittadini di togliere i cartelli, citando oralmente l’art. 18 del Regolamento comunale di polizia urbana e l’art. 23 del Codice della strada. Evidenzio che l’art. 23 del Codice della strada e l’art. 18 del Regolamento comunale di polizia urbana sono norme inconferenti e inapplicabili al caso in questione perché la prima norma riguarda “pubblicità sulle strade e sui veicoli” la seconda regola è relativa a scritte su edifici e muri e “affissioni fuori dei posti per essi assegnati e preventivamente autorizzati”, caso che lo stesso Ica srl ( ufficio preposto alla riscossione delle tasse per affissioni, ndr) ha dichiarato non essere quello di specie, e ha appunto dichiarato non esservi alcuna formalità da compiere. Del resto una diversa interpretazione sarebbe totalmente in contrasto con le norme costituzionali quali l’art. 21 sulla libertà di manifestare il proprio pensiero e l’Art. 42 sulla proprietà privata».

Dell’intervento della polizia locale ieri confermava di essere al corrente il primo cittadino Luca Albertazzi, rimandando proprio al Corpo in quanto «questione tecnica».

La spiegazione della polizia

A confermare l’intervento è il vicecomandante della polizia locale Gabriele Ceroni: «Avevamo visto che qualche cartello era stato attaccato a recinzione pali di alcune case e non abbiamo detto nulla, poi sono arrivate alcune lettere via Pec soprattutto da parte di residenti del borgo storico che lamentavano che quelle scritte deturpassero l’immagine del borgo - spiega il vicecomandante - perciò non abbiamo fatto altro che informare i proprietari delle casa dicendo che il regolamento di polizia urbana prevede che per affiggere manifesti serva l’autorizzazione e comunque sono vietate scritte su muri o manifesti visibili dalla pubblica via. Siccome solo alcuni li hanno tolti e nel frattempo si sono aggiunti anche altri cartelli, è arrivata una nuova lettera e quindi domenica abbiamo rifatto il giro. Di fatto non abbiamo applicato la regola dal momento che non abbiamo stilato alcun verbale». E se i cittadini non li toglieranno come avvisato? «Vedremo» sospira il vicecomandante. Il che non risponde propriamente alla richiesta dei cittadini del comitato per i quali l’intervento è letto come una violazione del diritto di espressione. «Non esiste contenzioso giurisprudenziale in merito perché evidentemente a nessun cittadino è mai stato vietato di apporre cartelli sulle proprie case, quali a titolo esemplificativo, quelli che invocano la pace, o quelli che durante la pandemia auguravano “andrà tutto bene” o da ultimo i cartelli apposti durante la protesta degli agricoltori (anche all’ingresso dell’A14 a Castel San Pietro Terme) - aggiunge Francesco Urbano del comitato -. Chiediamo pertanto al comandante della polizia municipale Circondario Imolese di chiarire internamente la grave posizione verificatasi e di comunicare al Comitato la posizione ufficiale del proprio corpo e al sindaco Albertazzi, garante dell’Ordine pubblico, di prendere una netta e chiara posizione a tutela dei propri cittadini che liberamente intendono manifestare il proprio pensiero, come costituzionalmente garantito».

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