Bagnacavallo, la celletta mariana scampata al fiume di fango ora è meta di pellegrinaggi

Nelle ore successive alla prima e seconda alluvione che nel maggio dello scorso anno avevano flagellato anche il Bagnacavallese, le campagne di Boncellino, la prima frazione ad essere inghiottita dal fiume Lamone, erano diventate una distesa paludosa di macerie e distruzione. Filari abbattuti, legname ovunque, attrezzature scaraventate da ogni parte, alberi divelti e un panorama che non c’era più. Incredibilmente, e lo è ancora oggi, in mezzo a quello strazio l’unica cosa che era rimasta al suo posto e non mostrava nessun segno era l’edicola votiva con la Madonnina nell’incrocio tra via Muraglione e via Sottofiume, quelle immediatamente sotto alla rottura arginale da cui tutto era cominciato. Le pietre a vista quasi nemmeno infangate, così come intatta era rimasta la piccola vetrinetta che ripara l’effigie sacra. Come se non bastasse, a rendere ancora più mistica l’intera storia è il fatto che su quella terra, nella quale il limo depositatosi ha bruciato anche l’erba, le rose che impreziosivano e proteggevano quel pilastrino mariano siano rimaste sempre splendenti, senza mai seccarsi e tornando a fiorire stagionalmente.

Nella seconda alluvione, quella del 17 maggio, l’impatto devastante dell’acqua era stato addirittura molto più violento, facendo esplodere l’argine ricostruito in fretta e furia nei giorni precedenti. I massi ciclopici utilizzati per il rifacimento, peraltro, vennero catapultati a decine di metri, andando a sgretolare e abbattere alcune abitazioni. A venir travolte dal Lamone, addirittura, erano stati anche due automezzi della Polizia locale impegnati sul posto, trascinati via e finiti a ruote all’aria. E invece quel pilastrino costruito un secolo fa, senza nulla togliere ad altre figure religiose, le acque sembrava davvero averle divise. «Nessuno sa come possa essere vero - racconta ancora stupito Franco Zini, il proprietario del terreno su cui continua a vivere quel pilastrino -. Nei miei campi, tutto intorno, ai lati, davanti e dietro, non c’era rimasto più nulla. Solo fango e dei grovigli di legna, fili di ferro, reti e chissà cosa. Peggio di un campo di guerra. È talmente incredibile che in tanti, non solo fedeli, vengono ancora a vedere e pregare qui davanti. Pochi mesi fa è arrivata addirittura una corriera da Rimini».

Quel pilastrino mariano negli anni è sempre stato meta di processioni, proprio come quella di ieri sera, al termine della quale si è tenuta una messa e lo scoprimento di una targa in segno di protezione e speranza.

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