Rimini, difesero il figlio dal 12enne che lo aveva picchiato. I genitori condannati dopo sette anni

Rimini

Il figlio torna a casa in lacrime dopo essere stato malmenato da un compagno di classe, e i genitori vanno a scuola per sgridare il presunto “bullo”, ma oltrepassano il limite e finiscono condannati per lesioni personali. Si è conclusa dopo sette anni di processo quella che sembrava una litigata come tante tra adolescenti, compagni della stessa scuola, diventata invece una battaglia giudiziaria fatta di querele e denunce.

Contrapposti in un’aula di tribunale, da una parte i genitori di un ragazzino di nazionalità russa e dall’altra quella di uno di origine ucraina. I due, entrambi 12enni e residenti nel Riminese, una mattina del febbraio del 2017, all’uscita di scuola si mettono a litigare per una sciocchezza, legata ai diversi gusti musicali. L’ucraino ha la peggio, torna a casa in lacrime e racconta alla mamma e al nuovo papà di essere stato picchiato dal coetaneo russo. I due adulti, la madre di 57 anni cittadina ucraina e il compagno, un coetaneo di Napoli, quindi, pensano di dover ottenere delle risposte dall’adolescente, e all’indomani mattina dopo aver accompagnato il figlio a scuola entrano in classe a lezione iniziata per dirne quattro al 12enne russo. Dopo averlo individuato tra i banchi, lo bloccano in corridoio, lo afferrano per un braccio e lo strattonano al collo, scatenando un parapiglia generale. Il bambino scoppia a piangere davanti all’insegnante che blocca i due genitori e li invita ad uscire. Ma la tensione è alle stelle e la docente finisce per essere insultata e minacciata a sua volta. Quando torna la calma a scuola, il 12enne russo viene portato in ospedale, dove viene visitato e da dove i sanitari, soprattutto per lo spavento subito, lo dimettono con una prognosi di 5 giorni. Nei confronti dei due genitori scattano invece diverse denunce. I due, difesi dall’avvocato Luca Campana e Teresa Rainone, sono finiti a processo con l’accusa di interruzione di pubblico servizio, per aver cioè impedito il regolare svolgimento delle lezioni nella classe del ragazzino russo e per lesioni personali. Contestazione questa che, secondo la pubblica accusa, è stata aggravata dal fatto di aver agito con crudeltà verso la vittima, ossia nei confronti di un minore, all’interno di un istituto di istruzione. Solo per il padre è anche scattata la denuncia per oltraggio e violenza privata nei confronti dell’insegnante che è equiparata ad un pubblico ufficiale nel momento in cui si trova in servizio a scuola. Il ragazzino russo e la mamma si sono costituiti parti civile rappresentate dall’avvocato Matteo Paruscio.

Dopo 7 anni, il processo si è concluso lunedì scorso con l’assoluzione di entrambi dall’accusa di interruzione di pubblico servizio, ma con la condanna per la mamma a 20 giorni di arresti domiciliari e 2 mesi per il padre. In solido la coppia dovrà risarcire di 700 euro la parte civile, mentre solo il padre dovrà versare altri 500 euro per la violenza privata nei confronti dell’insegnante.

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